18 Novembre 2022

Ricordi vivi a nove anni dal tifone Haiyan

Nelle Filippine, Paese da 20 cicloni l'anno, una famiglia e una comunità che si sono rialzate, ma che non possono dimenticare

Alcuni membri della comunità camminano per le colline di Ta-Ao. Tra loro c’è anche Queenxel, Casco bianco di Caritas Italiana a Capiz (Filippine) e autrice di questo articolo

Le Filippine sono situate nella “cintura di fuoco del Pacifico” (Pacific Ring of Fire), che espone il 60% della superficie del Paese e il 74% della sua popolazione a numerosi pericoli, tra cui inondazioni, cicloni, siccità, terremoti e frane. I molteplici pericoli naturali che le Filippine devono affrontare si stanno intensificando a causa del cambiamento climatico.

In particolare, il Paese è soggetto a cicloni a causa della sua posizione nel bacino del Pacifico nord-occidentale, il bacino di ciclone tropicale più attivo del mondo. Subisce una media di 20 cicloni all’anno, cinque dei quali sono distruttivi. Il tifone più forte registrato negli ultimi anni è stato Haiyan, conosciuto localmente come Yolanda, nel 2013, che ha causato più di 8.000 morti e devastato nove regioni. Ben 4,1 milioni le persone sfollate, senza più casa. Infine, si sono prodotti danni non irrilevanti all’agricoltura e alle infrastrutture.[1] Particolarmente colpite le comunità più povere, le cui circostanze sono state ulteriormente compromesse dalla tempesta.[2] Il disastro ha creato rapidamente una crisi umanitaria.[3]

Il tifone più forte registrato negli ultimi anni è stato Haiyan, conosciuto localmente come Yolanda, nel 2013

Dopo una giornata piena di risate, sorrisi e storie di condivisione con la comunità, ci siamo riuniti intorno al tavolo da pranzo. Gioco a Memory con i giovani, mentre gli anziani continuano a realizzare manufatti indigeni. Nanay (mamma) Maya e Tatay (papà) Rodney iniziano spontaneamente a condividere i loro ricordi sul tifone Haiyan. «Le Filippine, come la nostra comunità, non sono estranee alle tempeste, ma eravamo impreparati agli effetti devastanti del tifone Yolanda. Inizialmente sembrava una tempesta normale» dice Tatay Rodney.

Giocando a Memory

Insieme a noi ci sono anche Jeloline e Cherry, che avevano solo cinque e sei anni allora. Anche le due ragazze condividono apertamente la loro esperienza. Sono rimasta molto sorpresa soprattutto di quanto siano ancora molto vividi i loro ricordi dell’accaduto.

La mattinata di quel giorno del 2003 era stata impegnativa per la comunità Tag-Ao. La radio sempre accesa per rimanere aggiornati sul tifone. Le Nanay consigliavano ai bambini di impacchettare cibo e vestiti. Dopo un inizio di giornata soleggiato e “tranquillo”, il vento divenne sempre più forte. Si passò in fretta alla categoria “super tifone”: il vento iniziò a scoperchiare i tetti delle abitazioni, segno che era il momento di andare verso la cueva (la grotta che funge da centro di evacuazione per la comunità). I bambini erano stretti alle loro Nanay, Tatay, Kuya (fratello maggiore) e Ate (sorella maggiore). Il vento era così forte che Jeloline stava per volare via, afferrata appena in tempo dalla sua Ate.

Alla cueva le famiglie hanno condiviso cibo e vestiti. Si sono abbracciate tra loro per poter rimanere al caldo.

In cammino verso la cueva, centro di evacuazione in caso di cicloni

Alla cueva le famiglie hanno condiviso cibo e vestiti. Si sono abbracciate tra loro per poter rimanere al caldo

Indicando fuori dalla sala da pranzo, Tatay dice: «Alla fine, non c’era più nulla. Una volta passata la tempesta è stato un momento difficile. Siamo grati per l’aiuto che abbiamo ricevuto, e che ancora riceviamo, per ricostruire questa comunità». 

Usando toni bassi, Cherry, che adesso ha 16 anni, rivela di avere tuttora traumi causati dall’esperienza del super tifone. Afferma infatti che «ogni volta che c’è una tempesta, mi sento spaventata, anche dopo nove anni, in quanto ricordo quei giorni». Ecco perché la sera prima l’ho sentita svegliarsi all’inizio della pioggia. Insieme alla cugina Jeloline si facevano compagnia raccontando kwentos (storie). Hanno aspettato che la pioggia si fermasse prima di tornare a dormire.

La cueva
Tatay Rodney mostra l’interno della cueva

Cherry continua: «Non voglio passare di nuovo la stessa cosa». Eppure, purtroppo, ci sono tante probabilità che dovranno affrontare nuovamente una simile situazione, poiché l’arcipelago è regolarmente colpito da tempeste sempre più forti e frequenti a causa del cambiamento climatico[6].

Nelle Filippine, inoltre, molti abitanti vivono in aree dove ci sono per lo più infrastrutture e abitazioni fragili, rendendo ancora più gravi le conseguenze di determinati fenomeni naturali.

Come si evince dalla storia di Cherry e Jeloline, il tifone Yolanda ha lasciato un segno ancora oggi ben visibile. Tuttavia, con la loro notevole resilienza e perseveranza, i Pinoys[7] si sono risollevati per affrontare questa sfida.

Il tifone Yolanda ha lasciato un segno ancora oggi ben visibile

Il casco bianco Queenxel (seconda da destra) davanti alla cueva con alcuni membri della comunità
Da sinistra: Cherry, Queenxel e Jeloline

[1] World Bank (n.d.), Philippines,  Climate Change Knowledge Portal  for Development Practitioners and Policy Makers,

[2] Reliefweb (23 Nov, 2013), Typhoon Yolanda(Haiyan) 2013: Post-disaster Rapid Needs Assessment – Philippines, Province of Iloilo, North-Eastern Region

[3] EveryCRSReport.com (25 novembre 2013), Typhoon Haiyan (Yolanda): U.S. and International Response to Philippines Disaster

[6] euronews (20 dicembre 2021), Filippine devastate dal tifone, la Croce Rossa: “Una carneficina”

[7] Termine filippino per indicare una persona filippina o di origine

Aggiornato il 10/09/23 alle ore 20:12