02 Novembre 2022

La fraternità negata

L'arroganza del sentirsi autosufficiente, alla radice dello scontro tra Edom e Israele. Ma la via della vita passa dalla consapevolezza di una fraternità universale.

Il libro di Abdia, il più breve dell’Antico Testamento, contiene un unico oracolo rivolto contro Edom, popolo confinante di Israele, parole che raccontano la storia di una fraternità negata, stravolta dalla violenza. Edom è l’altro nome con cui è conosciuto Esaù (cf. Gen 36,1), fratello gemello di Giacobbe, cui Dio cambierà il nome in Israele. Fratelli gemelli e antenati eponimi di due popoli, in tensione l’un con l’altro fin dentro il grembo della madre, trovano secondo il racconto di Genesi la via della riconciliazione (Gen 33), spartendosi pacificamente il territorio da abitare (Gen 36,6-8). Il libro di Abdia non ha più traccia alcuna di una convivenza pacifica; al contrario troviamo due popoli fratelli, Edom e Israele, in conflitto.

I vv. 10–14 denunciano l’atteggiamento di Edom: nel momento della sciagura di Gerusalemme e dei suoi abitanti, sopraffatti dall’esercito babilonese, Edom collabora con il nemico, per tentare di trarre vantaggio dalla distruzione del popolo fratello. La denuncia del profeta guarda indietro al dramma di una solidarietà tra due popoli, sepolta dalla scelta della violenza. “A causa della violenza contro tuo fratello Giacobbe, la vergogna ti coprirà […] il giorno in cui te ne stavi fermo di fronte a loro, il giorno in cui estranei depredavano la sua ricchezza, e stranieri penetravano le sue porte, e su Gerusalemme gettavano la sorte, anche tu eri come uno di loro”.

Da fratello a nemico

Edom si è trasformato da fratello in estraneo, un’estraneità guadagnata per non aver preso posizione a favore del fratello, contro il nemico. Il comportamento di Edom è ulteriormente dettagliato dai versetti seguenti:

“Non avresti dovuto stare a guardare il giorno di tuo fratello, il giorno della sua sciagura.

Non avresti dovuto spalancare la bocca compiaciuto nel giorno della sua angoscia.

Non saresti dovuto entrare nella porta del mio popolo nel giorno del loro disastro;

non avresti dovuto guardare anche tu alla sua sventura, nel giorno della sua rovina.

Non avresti dovuto stendere la mano sui suoi beni, nel giorno della sua disgrazia.

Non avresti dovuto appostarti al bivio per uccidere chi tentava di fuggire,

non avresti dovuto consegnare alla prigionia chi era scampato nel giorno dell’angustia”

(Abd 12–14).

I fratelli si sono fatti complici del nemico: guardano inerti e compiaciuti, a fianco degli aggressori, con lo sguardo di chi vede la rovina non più di un fratello, ma di un potenziale avversario. Addirittura, si approfitta della debolezza, dello spiazzamento del popolo sconfitto per depredare i beni di chi è deportato. Non solo: per ingraziarsi il nemico, si uccide chi tenta di fuggire, o si consegna prigioniero chi è riuscito a sopravvivere. Invece di prestare soccorso, Edom tradisce il popolo fratello mettendosi a fianco dell’oppressore.

Le cause della metamorfosi

Quali le cause della metamorfosi di una fraternità? Lo sguardo del profeta indaga i retroscena della storia, e svela ciò che abita il cuore. Prima di ritrarre Edom come avversario dei fratelli, i vv. 2-4 si soffermano sulla superbia di questo popolo, sulla sua pretesa autosufficienza, derivata dall’abitare una regione montuosa e impervia, ritenuta sicura dagli attacchi del nemico (v. 3: “tu che abiti nelle caverne della roccia, nell’altura la tua dimora, e dici in cuor tuo: ‘Chi potrà gettarmi a terra?’”). Da qui l’arroganza di chi, forte dei suoi mezzi e della sua imprendibilità, ritiene di poter bastare a se stesso. La pretesa di poter fare a meno della relazione con altri è un inganno (v. 3: “La superbia del tuo cuore ti ha ingannato”), che porterà fatalmente ad una rovinosa caduta: “anche se come l’aquila ponessi in alto il tuo nido, anche se lo collocassi fra le stelle, di lassù ti farò precipitare” (v. 4).

Nella comunione, cammini di pace

Non esiste isolamento o sicurezza che per quanto splendida ed elevata possa mettere al riparo dagli sconvolgimenti della storia. La via della vita per ciascuno, individuo o popolo che sia, passa dalla consapevolezza di una fraternità universale, da vivere nella condivisione di cadute e risalite, abbandonando i rifugi costruiti sulle alture, per tracciare nella comunione cammini di pace.

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