19 Settembre 2022

Haiti a ferro e fuoco

In tutto il Paese si verificano insurrezioni popolari. Saccheggiata anche la Caritas diocesana di Gonaïves

Giovedì 15 settembre, mentre il mondo celebrava la Giornata Internazionale della Democrazia, la democrazia haitiana continuava a vivere il suo momento di massimo declino. Da giorni tutto il Paese è immerso in un clima di insurrezione popolare. Negozi e magazzini umanitari saccheggiati, banche e residenze di politici filogovernativi e cittadini benestanti presi d’assalto dai protestanti, strade bloccate da barricate a fuoco. Anche la Caritas diocesana di Gonaïves, nel Dipartimento dell’Artibonite, è stata saccheggiata dalla popolazione arrabbiata, stremata dalla penuria di carburante e dall’insicurezza dilagante, che sta generando scontri e proteste ovunque, ma soprattutto nella capitale, Port-au-Prince.

Il coordinatore della Caritas diocesana di Gonaïves, Junior Dezulme, racconta che i manifestanti si sono riversati furiosi davanti agli uffici della Caritas al grido di: «Nou grangou, Nap pran, men Nou pap mete dife» (Abbiamo fame, prenderemo, ma non daremo fuoco). Individui armati hanno scalato i muri, rotto le serrature e preso d’assalto i locali. L’intero spazio che ospita gli uffici della Caritas è stato vandalizzato: direzione, amministrazione, coordinamento, contabilità, agricoltura, istruzione, sala convegni, caffetteria, cucina, depositi. I danni materiali registrati sono ingenti. Subito informati la polizia e i funzionari statali, che non hanno potuto però impedire il saccheggio da parte dei manifestanti: per più di quattro ore questi hanno operato indisturbati. Oltre la Caritas diocesana di Gonaïves, sono numerosi i locali delle istituzioni umanitarie e religiose saccheggiati e presi d’assalto: il Programma Alimentare Mondiale, la Bureau de l’Education, Petit Séminaire, Food For the Poor, Radio Christ-Roi, per citarne alcuni. Questo è il secondo saccheggio subito in poco tempo dalla Caritas haitiana, dopo quello ai danni della Caritas diocesana di Les Cayes, nel Dipartimento del Sud, il 23 agosto.

Individui armati hanno scalato i muri, rotto le serrature e preso d’assalto i locali. L’intero spazio che ospita gli uffici della Caritas è stato vandalizzato

La sede della Caritas diocesana di Gonaïves dopo il saccheggio

In questo contesto di proteste di massa e scontri violenti, le sterili istituzioni haitiane sono incapaci di intervenire per porre argine a quella che ormai viene definita una “guerra civile a bassa intensità”, che vede i cittadini lottare per assicurarsi beni di prima necessità come acqua potabile e cibo. La situazione è esplosa quando il governo ha annunciato pochi giorni fa la decisione di alzare i prezzi del carburante e rimuovere del tutto i sussidi al diesel. Ad Haiti i prodotti petroliferi sono sovvenzionati dallo Stato che detiene il monopolio sulla loro importazione.

La situazione è esplosa quando il governo ha annunciato pochi giorni fa la decisione di alzare i prezzi del carburante e rimuovere del tutto i sussidi al diesel

Da quel momento la Capitale e successivamente numerose altre aree del Paese sono state messe a ferro e fuoco per protesta contro questa decisione. Strade bloccate ovunque con barricate erette con qualunque cosa si abbia a portata di mano: cumuli di immondizia, cartelloni pubblicitari, rami di alberi, copertoni, pietre, tavoli, ferraglia. La protesta è divampata rapidamente, trovando terreno fertile nel malcontento generato dalle terribili condizioni di vita in cui versano gli haitiani, caratterizzate da fame diffusa, mancanza di servizi di base, violenza delle bande armate, inflazione incontrollata e il governo debole di un primo ministro ad interim, Ariel Henry,  che  ha preso il potere dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse lo scorso anno. L’impopolare governo di Henry, non riconosciuto da gran parte della popolazione e dall’opposizione, non ha i mezzi per tenere sotto controllo la situazione e lo stesso corpo di polizia, non più disposto a rischiare la propria vita, ha decimato la sua presenza nelle strade dove imperversa da mesi una letale guerra tra bande.

La protesta è divampata rapidamente, trovando terreno fertile nel malcontento generato dalle terribili condizioni di vita in cui versano gli haitiani

Praticamente tutti i quartieri della Capitale sono diventati piccoli campi di battaglia, scariche di armi da fuoco si sentono ovunque. Chi non protesta per strada è barricato in casa, in preda alla paura. Per il momento non c’è via di fuga, le principali strade sono bloccate. Molte ambasciate sono rimaste chiuse e il governo della vicina Repubblica Dominicana ha evacuato i suoi diplomatici e inviato soldati al confine con Haiti. Proprio il presidente della Repubblica Dominicana, Luis Abinader, chiede un intervento immediato all’Organizzazione degli Stati americani a Washington, preoccupato dalla crescente violenza nel Paese confinante e dall’esodo di decine di migliaia di haitiani verso le vicine nazioni caraibiche.

Al momento i numerosi appelli per un intervento straniero che possa ripristinare l’ordine ad Haiti sono rimasti inascoltati, soprattutto dagli Stati Uniti di Biden, che invece ha sempre sostenuto una soluzione locale della crisi per ridurre l’afflusso di haitiani ai suoi confini.

Ricordiamo che Haiti versa da tempo in una grave crisi politica ed economica che fa da sfondo al crescente potere delle bande armate. Certamente la crisi umanitaria globale e l’aumento dei costi legati al conflitto in Ucraina si ripercuotono sulla già fragilissima economia haitiana, estremamente vulnerabile all’aumento dei prezzi dei mercati globali e messa in ginocchio da continui disastri naturali.

Il direttore del Programma Alimentare Mondiale ad Haiti, Jean-Martin Bauer, ha affermato che i recenti disastri naturali, l’inflazione elevata e la crescita dei costi come effetto a catena del conflitto in Ucraina stanno generando un aumento significativo della fame su tutto il territorio. Inoltre l’insicurezza dilagante sta mettendo a rischio le stesse operazioni umanitarie, da cui dipendono migliaia di haitiani in stato di grave vulnerabilità, soprattutto nel Sud del Paese, colpito solo un anno fa da un devastante terremoto che ha provocato più di 2.200 morti.

I recenti disastri naturali, l’inflazione elevata e la crescita dei costi come effetto a catena del conflitto in Ucraina stanno generando un aumento significativo della fame su tutto il territorio

Caritas italiana da anni porta avanti il suo impegno a favore del popolo haitiano, garantendo la sua presenza nel Paese con un operatore espatriato. Grazie alla rete capillare su cui può contare, fatta di partner locali e internazionali, è in grado di assicurare un impegno profuso in numerose aree del Paese, con interventi che vanno dalla ricostruzione (post-terremoti e tifoni) alla riabilitazione (promozione della salute, dell’istruzione, della sicurezza alimentare e della protezione dell’infanzia e delle categorie più vulnerabili).

Aggiornato il 23/09/22 alle ore 15:13