23 Dicembre 2022

Obiezione di coscienza e servizio civile

50 anni di protagonismo dei giovani

Il 15 dicembre scorso è stato emanato il nuovo bando per i volontari del servizio civile universale. Si tratta di un’occasione per 71.550 ragazze e ragazzi (il numero più alto nella storia del servizio civile) di mettersi per un anno a servizio delle nostre comunità in attività di “difesa della Patria” in modalità civile e nonviolenta. Per una felice coincidenza, questo bando è pubblicato nel giorno in cui quest’anno ricordiamo il cinquantesimo anniversario della promulgazione della legge 772 che riconobbe per la prima volta nel nostro Paese l’obiezione di coscienza al servizio militare e il conseguente obbligo di prestare un servizio civile sostitutivo. Non si tratta di una semplice coincidenza, bensì di un legame profondo tra due epoche che sembrano lontane ma che in realtà non lo sono. Vediamo come.

La legge del ’72 costituì quasi uno spartiacque. Da un lato, infatti, concluse la stagione delle battaglie per il riconoscimento giuridico. Una fase iniziata nel 1947 all’Assemblea Costituente e che si protrarrà esattamente per 25 anni e che vedrà il coinvolgimento pubblico di intellettuali e politici, da Silone a Cassola, da Capitini a Giordani, da Dolci a Bobbio, da La Pira a Pannella a Marcora, così come di sacerdoti, da Mazzolari a Balducci a Turoldo, da Milani a Franzoni a Bettazzi, che seppero dare voce e sostegno a un movimento che andava crescendo e che considerava un atto di civiltà il riconoscere l’obiezione, come avevano già fatto altri Paesi.

Ma i veri protagonisti di questa fase furono senza dubbio le centinaia di giovani che scelsero, in nome della propria coscienza, il carcere piuttosto che entrare in caserma: da Pietro Pinna a Giuseppe Gozzini a Fabrizio Fabbrini (per citare i casi più famosi) ai tanti Testimoni di Geova. La lezione che resta di questa fase è che la conquista dei diritti non è mai gratis, anche oggi.

La legge ebbe indubbiamente il merito di far uscire di prigione i 167 obiettori (secondo i resoconti parlamentari) che si trovavano in carcere consentendo loro di “tornare a casa per Natale”. Per il resto, la legge mostrava il suo carattere punitivo nei confronti di chi obiettava e l’intento (non raggiunto) di limitare il più possibile il “fenomeno” degli obiettori. Basti citare gli 8 mesi in più di servizio civile rispetto al militare, i lunghi tempi di attesa per chi presentava domanda, domanda che era sottoposta al vaglio di una commissione ministeriale (il “tribunale delle coscienze”), il non rispetto dell’area vocazionale, gli obiettori sottoposti alla giustizia militare e alla gestione del ministero della Difesa.

Sono i giovani i veri protagonisti di questa storia: coloro che scelsero in nome della propria coscienza il carcere piuttosto che entrare in caserma

Facile pertanto comprendere come l’approvazione della legge aprirà la seconda fase, quella della riforma della legge stessa, che impegnerà il parlamento per altri 26 anni, fino al 1998 quando verrà approvata la nuova legge, un paio di anni prima che venisse deliberata la sospensione della leva obbligatoria. Una seconda fase caratterizzata da un sorprendente attivismo della Corte Costituzionale che, di fronte all’immobilismo del parlamento, con ben 7 sentenze smontava di fatto la legge del ’72. Nel frattempo, il popolo degli obiettori che scelgono il servizio civile cresce a dismisura evidenziando sempre più la crisi dell’istituto della leva obbligatoria, proprio quella che qualcuno oggi vorrebbe ripristinare.

Gli ultimi venti anni, infine, sono quelli del servizio civile su base volontaria, aperto finalmente alle donne, fondato sull’assunto di una “difesa della patria” sempre sacra, ma da esercitare in modo civile, non armato e nonviolento. Come non vedere proprio in questo fondamento il filo rosso che lega i giovani volontari di oggi con i loro coetanei di un tempo che pronunciavano un “no” non solo alle armi e agli eserciti ma anche a ogni forma di violenza, organizzata e non, di ingiustizia, proponendo un modo alternativo di costruire la pace e i rapporti tra gli umani?

Celebrare i 50 anni da quella legge, allora, non è solo il recupero di un pezzo di storia del nostro Paese ma può aiutare a ricordarci che il tema della coscienza, della sua inviolabilità e dei valori più alti cui essa si rifà è ancora attuale, anche se nel nostro Paese la leva non è più obbligatoria. Come peraltro ci ricordano i tanti obiettori che in molti paesi, non ultimi in questi mesi in Ucraina e Russia, lottano per una soluzione nonviolenta dei conflitti.

Non sarà mica che per costruire l’utopia della pace dobbiamo cominciare a spezzare i tanti fucili di cui è ormai pieno questo pianeta?

Aggiornato il 23/12/22 alle ore 18:28