06 Luglio 2025

Gaza. Gli aiuti vanno distribuiti dall’Onu

«Le strade che conducono al pane non possono diventare strade di morte». In attesa della tregua proposta da Donald Trump, il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello, ribadisce un concetto chiave per tenere accesa una fiamma di umanità tra le macerie di Gaza e chiede che venga restituita urgentemente la gestione degli aiuti umanitari all’Onu.

Con oltre 200 organizzazioni, tra le quali Caritas Internationalis, Caritas Italiana, autorizzata a operare da anni nella Striscia con Caritas Gerusalemme, ha firmato l’appello per far gestire gli aiuti umanitari alle Nazioni Unite. Perché?

Nella Striscia di Gaza la crisi ha assunto proporzioni inimmaginabili con circa 2 milioni di persone ridotte allo stremo. Abbiamo aderito all’appello per evitare soluzioni che rischiano di diventare strumenti di controllo o propaganda. Chi soffre ha diritto di ricevere soccorso in modo equo, imparziale secondo il diritto internazionale. Il sistema attuale, che vede operazioni come quelle gestite dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), si è rivelato insufficiente e pericoloso. Oggi le persone si trovano davanti a un ricatto: morire di fame o rischiare la vita mentre cercano disperatamente di ottenere cibo per sfamare le proprie famiglie. Centinaia di palestinesi sono stati uccisi o feriti nel tentativo di accedere agli aiuti. Non possiamo tacere davanti a questa ingiustizia. La gestione delle Nazioni Unite e delle agenzie umanitarie accreditate garantirebbe indipendenza dalle parti in conflitto e permetterebbe di raggiungere i più vulnerabili solo secondo criteri di necessità. È l’unico modo per evitare strumentalizzazioni dello spazio umanitario sistematicamente smantellato in questi contesti.

Caritas italiana come sta aiutando in concreto la popolazione della Striscia di Gaza e dei Territori?

Non abbiamo mai smesso di sostenere progetti umanitari in Terra Santa e in questo momento drammatico abbiamo stanziato 1,385 milioni di euro per gli interventi di emergenza a Gaza. Anche grazie a queste risorse, Caritas Gerusalemme garantisce servizi sanitari di base e distribuisce farmaci essenziali attraverso la clinica a Gaza City e con ambulatori mobili in tutta la Striscia. Ad oggi quasi 30.000 persone hanno ricevuto cure mediche primarie. Sono stati distribuiti kit alimentari e igienici a oltre 1.000 persone in condizioni di estrema precarietà e, grazie a buoni spesa, abbiamo sostenuto circa 8.000 persone fra Gaza e Cisgiordania. Circa 700 persone hanno ricevuto assistenza psicosociale a distanza, con un’attenzione particolare a minori e famiglie sfollate. Stiamo operando, inoltre, per piantare semi di pace con il sostegno a progetti di incontro promossi da Ong israeliane come Friendship Village e Neve Shalom, e attraverso il programma per la fornitura di protesi per chi ha subito amputazioni, anche se il governo israeliano ha sospeso l’iniziativa a marzo.

«Ora dobbiamo aprire percorsi che conducano alla pace. Poi si dovrà costruire il dopo» ,ha detto il cardinale Pizzaballa ad Avvenire in una intervista a Lucia Capuzzi. In questo percorso che ruolo può avere Caritas Italiana?

L’espressione utilizzata dal cardinale Pizzaballa coglie una verità che sentiamo profondamente: non c’è pace senza giustizia, non c’è futuro senza la fatica del dialogo, non c’è ricostruzione senza relazione. Anche in un tempo in cui la guerra sembra avere l’ultima parola, siamo chiamati a seminare speranza, a preparare il terreno per il domani con uno sguardo di fede. In Terra Santa, come in ogni parte del mondo, Caritas Italiana lavora al fianco delle Chiese locali e delle comunità sostenendo progetti di riconciliazione e dialogo, come il programma PeaceMed, che ha coinvolto operatori di 19 Paesi per creare una rete di pace nel Mediterraneo, piantando semi che porteranno frutti. Occorre collocare questa esperienza in un contesto più ampio: abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, che non può trovare alcuna giustificazione. Allo stesso tempo, è necessario ricordare tutti gli ostacoli alla pace nella regione basata sul principio accettato a livello internazionale di “due popoli due Stati”. Caritas Italiana sente la responsabilità di richiamare l’Italia e l’Europa ad assumere un ruolo profetico favorendo la trasparenza sul commercio di armi, chiedendo il rispetto del diritto internazionale, promuovendo vie diplomatiche e negoziali. «Se vuoi la pace, prepara la giustizia», ci ricorda la tradizione cristiana. E sui territori e nelle diocesi occorre educare alla pace per trasformare le armi in aratri.

*Avvenire 6.7.2025

Aggiornato il 06/07/25 alle ore 06:27