La luna di Kiev
Lunedì notte (8 settembre) dei droni russi sono entrati in Polonia, non si sa bene quanti, un numero che oscilla fra i dieci e i venti. Li hanno intercettati tutti, arrivavano in volo i caccia pure dall’Olanda, e rottami in fiamme sono caduti sul tetto di una fattoria, che ha preso fuoco. Nessun ferito; pare che un’automobile sia finita dal carrozziere. Leggo i giornali: il Premier polacco dichiara che il suo paese non è mai stato così vicino a una guerra totale dai tempi dell’occupazione nazista, la Presidente della Commissione Europea, in plenaria a Strasburgo, esprime vicinanza a Varsavia, tutti si alzano in piedi e applaudono, le Nazioni Unite programmano una sessione straordinaria per discutere la provocazione inaccettabile nei confronti di un paese della Nato, e il Segretario della Nato stessa, Rutte, dice che non c’è dubbio, che reagiremo a ogni provocazione, la Russia stia attenta che stavolta facciamo sul serio.
È brutto fare paragoni; però in Ucraina, che, per chi non lo sapesse, sta proprio al confine con la Polonia, nella notte di sabato sono volati 805 droni, 4 missili balistici e 9 missili da crociera. A Kiev due persone sono morte e i feriti si contano a decine; hanno pure colpito il palazzo di un ministero. Sarà che poi era domenica ma nessuno ha detto niente, le Nazioni Unite non hanno ritenuto di dover organizzare una riunione, e a Strasburgo probabilmente erano tutti a passeggiare al parco che a settembre a quelle latitudini c’è un bel clima e i laghetti sono pieni di cigni.
Stamattina andavo al lavoro a piedi, passo sempre davanti al teatro dell’opera e guardo il cartellone e domenica danno la Tosca; la strada era molto bella, bianca e gialla con il primo odore terroso e umido dell’autunno e c’era la luna di giorno che a me fa sempre un po’ strano: sembrava che un enorme imbianchino avesse lasciato l’impronta del pollice sulla vernice azzurra del fondale del mondo; e mi sono ricordato di Gianni Rodari che credo sia uno dei più grandi poeti italiani, non capisco perché lo si studia solo alle elementari, che nella raccolta Filastrocche in cielo e in terra scrive una poesia che si chiama La luna di Kiev e la copio qui.
Chissà se la luna di Kiev è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
«Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto».
Non voglio contraddire Rodari che per me sta ancora più in alto di Dante, però qui, secondo me, si sbaglia. Perché mi pare evidente, alla prova dei fatti, che la luna di Kiev non sia la stessa di Varsavia, o di Bruxelles, o di Londra. Forse è un po’ più piccola, o più leggera; forse è meno preziosa, che l’hanno fatta con un materiale più scadente, ed è per quello che, invece di ascoltare i gatti che miagolano, le tocca ascoltare le sirene antiaeree che suonano tutte le notti, e spalanca i crateri che le fanno da occhi mentre dalla sua orbita tonda contempla i funghi neri e rossi delle esplosioni, proprio esplosioni brutte, scuole, ospedali, palazzine piene di gente; a me pare sia una luna di seconda qualità, la luna che abbiamo qui, eppure è bella uguale, su questo Rodari aveva ragione.
* Coordinatore dei progetti in Ucraina per Caritas Italiana
Aggiornato il 11/09/25 alle ore 17:37

