19 Luglio 2025

Influencer missionari digitali

Se le piattaforme premiano l’autoreferenzialità, il Giubileo rilancia un criterio opposto: l’autenticità che ascolta

Tra nove giorni l’asfalto di Via della Conciliazione conoscerà passi inediti: un fiume di creatori digitali, smartphone alla mano, varcherà la Porta Santa di San Pietro pregando con lo stesso device usato per scorrere reel e notifiche. È la scena–simbolo del primo Giubileo dei missionari digitali e degli influencer, un appuntamento con il quale la Santa Sede accoglie e accompagna chi annuncia il Vangelo dove le vite scorrono in pixel. Non è un raduno di creativi in cerca di engagement, è l’esito di un percorso sinodale che, con l’esperienza La Chiesa ti ascolta, ha trasformato le piattaforme in “areopaghi” abitati con stile pastorale. Nel documento finale del Sinodo la cultura digitale è definita «campo missionario emergente», e la Chiesa è invitata a dedicare risorse e sostegno a chi vi opera. La posta in gioco, dunque, non è una strategia di marketing cattolico, semmai è la conferma che la fede, per essere efficacemente testimoniata, deve ormai parlare fluentemente il linguaggio dei feed.

“Non è una strategia di marketing cattolico”

Il programma del 28-29 luglio è pensato come un alternarsi di liturgia, formazione e creatività: dall’apertura con il cardinale Parolin alle lectio di p. David McCallum e p. Antonio Spadaro, dai gruppi di lavoro sui santi “influencer di Dio” fino all’adorazione notturna a Santo Spirito in Sassia. Il giorno seguente i partecipanti partiranno in pellegrinaggio da Piazza Pia per varcare la Porta Santa, consacreranno la missione digitale a Maria nei Giardini Vaticani, vivranno un incontro ecumenico (Together for Hope) e animeranno un “Rally missionario” per le vie di Roma prima del Festival degli Influencer in Piazza Risorgimento. Un vero e proprio laboratorio di comunione che intreccia cammino fisico e presenza online per dimostrare che la connessione più stabile resta la Parola, non il Wi-Fi.

Molti dei volti attesi sono nati sotto il magistero di papa Francesco, che alla GMG di Lisbona spronò la Chiesa con il suo «Todos, todos, todos», un mantra inclusivo che continua a ispirare chi si spinge nelle periferie digitali. Oggi tocca a papa Leone raccogliere il testimone:

«L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita… La persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero».

Con questa bussola, consegnata ai vescovi italiani durante il primo incontro con la Cei, il Giubileo sfida gli influencer a custodire l’umano dietro ogni like.

Se le piattaforme premiano l’autoreferenzialità, il Giubileo rilancia un criterio opposto: l’autenticità che ascolta. Proprio i protagonisti – dal sacerdote da due milioni di follower alla podcaster texana – ripetono che non sono like: sono anime; ma questa volta non si applaudiranno slogan, bensì si condivideranno buone prassi su formazione, etica e accompagnamento comunitario. L’obiettivo è far comprendere che la “viralità” ecclesiale coincide con l’affidabilità della testimonianza, non con la curva delle visualizzazioni. Il Giubileo arriva in un momento in cui oltre il 65 per cento dell’umanità è connessa. Ignorare questo continente significherebbe abbandonare intere generazioni alla retorica del “prodotto-persona”. In gioco c’è la forma stessa dell’annuncio: se i credenti non presidiano gli algoritmi con linguaggi di speranza, lo faranno altre narrazioni. E la storia insegna che la Chiesa, da san Paolo alle tipografie di Gutenberg, ha sempre evangelizzato imparando la lingua dei tempi.

“Se i credenti non presidiano gli algoritmi con linguaggi di speranza, lo faranno altre narrazioni”

Tra poco più di una settimana il fiume di follower diventerà processione di passi reali. Sarà allora che si capirà se il Giubileo degli Influencer avrà acceso un faro o solo un flash temporaneo. Di certo, se i partecipanti sapranno trasformare i loro account in tabernacoli di prossimità, nell’ecosistema digitale potrebbe sbocciare una primavera che va oltre ogni algoritmo: a quel punto i like conteranno poco, conterà la luce – non virtuale – che riusciremo a riflettere.

* direttore dell’Avvenire di Calabria

Aggiornato il 19/07/25 alle ore 06:45