30 Agosto 2022

Il banchetto dei prigionieri

Nel Libro dei Re, Eliseo invita a vedere volti di fratelli in quelli dei nemici, indicando la via per una fraternità possibile, antidoto all’odio generato dalla guerra

Il secondo libro dei Re (6,8-23) mette in scena un breve episodio che sfida la logica del conflitto, attraverso la proposta inaudita del profeta Eliseo. Durante una delle numerose battaglie tra Aram e Israele, il profeta si rende protagonista della cattura di un’intera schiera nemica, equipaggiata con carri e cavalli. Resi improvvisamente ciechi grazie all’aiuto divino, con un abile inganno Eliseo riesce a condurre i soldati aramei all’interno di Samaria, la capitale del Regno di Israele. «Quando entrarono in Samaria, Eliseo disse: “Signore, apri gli occhi di costoro perché vedano!”. Il Signore aprì i loro occhi, guardarono ed ecco: in mezzo a Samaria!» (2Re 6,20).

La sintassi del testo ebraico restituisce lo sgomento di uomini che si trovano improvvisamente e inconsapevolmente nel cuore della capitale nemica, totalmente privi di possibilità di fuga, ormai inermi di fronte agli accadimenti. Da una parte lo sguardo smarrito degli aramei, dall’altra lo sguardo sorpreso del re di Israele, che si trova di fronte alla ghiotta possibilità di infliggere una clamorosa sconfitta al nemico. Così il re si rivolge a Eliseo: «Padre mio, li posso colpire? Li posso colpire?» (v. 21). La duplice richiesta indica la smania di rivalsa, la sete di vendetta su coloro che da potenti aggressori, dotati di carri e cavalli, sono diventati inaspettatamente prigionieri impotenti.

… lo sguardo sorpreso del re di Israele, che si trova di fronte alla ghiotta possibilità di infliggere una clamorosa sconfitta al nemico

La risposta di Eliseo, che pure era stato l’autore di questa insperata vittoria, è spiazzante: «Non colpire! Sei forse solito colpire uno che hai fatto prigioniero con la tua spada e con il tuo arco? Piuttosto metti davanti a loro pane e acqua; mangino e bevano, poi se ne vadano dal loro signore» (v. 22). Eliseo pone un freno alla sete di rivalsa del re di Israele, invitandolo a riflettere: se il re non uccide prigionieri contro cui ha combattuto in battaglia, quanto più non potrà alzare la mano contro prigionieri disarmati, consegnati nelle sue mani grazie all’intervento di Eliseo. Ma questo non basta: la richiesta successiva del profeta è del tutto inaudita. Eliseo chiede che i nemici siano trattati come ospiti, come fratelli; il re è invitato a condividere una parte del suo pane e della sua acqua con i nemici, lasciando così che ristorati possano andarsene liberi, tornando nel loro territorio, dal loro sovrano.

Eliseo chiede che i nemici siano trattati come ospiti, come fratelli; il re è invitato a condividere una parte del suo pane e della sua acqua con i nemici

Il re segue il consiglio di Eliseo e «dette un banchetto festivo per loro» (v. 23). Ciò che viene donato ai prigionieri non è lo scarto del cibo, o il minimo necessario per rimettersi in piedi. Il testo parla chiaramente di un banchetto festivo apparecchiato in onore dei nemici, invitati a mangiare e condividere il cibo della festa. Eliseo chiede al re di Israele e agli abitanti di Samaria di accogliere i nemici come fratelli, cercando la gioia di una fraternità possibile attraverso la condivisione di un cibo festivo.

Vita, simboleggiata dal cibo condiviso, anziché morte e libertà, anziché prigionia e umiliazione, è ciò che gli aramei catturati ricevono in dono dal re di Israele. È un gesto dirompente quello che Eliseo chiede al suo sovrano, un gesto che va contro il desiderio di vendetta, ma anche contro una certa idea di giustizia, che antepone la ricerca di una punizione esemplare al perseguimento della fraternità. Eliseo invita a vedere volti di fratelli in quelli dei nemici, indicando così la via per una fraternità possibile, antidoto all’odio generato dalla guerra. Non si tratta solo di un gesto estemporaneo, o del sogno impossibile di un banchetto in cui popoli nemici si siedono a fianco. La mensa condivisa è una scelta sapiente, che ha ricadute concrete. È quanto ci fa intendere il narratore che chiude il suo racconto con una nota: «Le truppe di Aram non penetrarono più nella terra di Israele» (v. 23). Un tempo di pace reciproca, la cessazione delle ostilità e della violazione dei confini: ecco l’esito della decisione dirompente di guardare il volto di un nemico, e vedere un fratello con cui condividere il banchetto della vita.

È un gesto dirompente quello che Eliseo chiede al suo sovrano, un gesto che va contro una certa idea di giustizia, che antepone la ricerca di una punizione esemplare al perseguimento della fraternità

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