01 Ottobre 2022

La via della pace

Dalle parole del profeta Isaia emerge con rammarico il ritratto di una comunità che non conosce “la via della pace”. Una condizione analoga a quella descritta nel lamento di Gesù su Gerusalemme (Lc 19,41-42). Chi non cerca ciò che porta la pace è condannato a non vedere la via della pace.

Alla fine del cammino verso Gerusalemme, dove andrà incontro alla sua passione, Gesù posa lo sguardo sulla città, uno sguardo intriso amore e compassione: Gesù “alla vista della città pianse su di essa” (Lc 19,41). Il verbo usato dall’evangelista non indica semplicemente un pianto, ma un vero e proprio lamento elevato a piena voce. È un grido di dolore e compassione, che nasce da un anelito disatteso: “se avessi conosciuto in questo giorno tu pure ciò che porta alla pace” (v 42). La frase rimane sospesa, indicando così che qualcosa è irrimediabilmente perduto. Gerusalemme – a cui Gesù si rivolge direttamente – ha mancato di conoscere “ciò che porta alla pace”.

Il lamento di Gesù su Gerusalemme: un grido di dolore e compassione per chi non conosce ciò che porta alla pace.

La conoscenza a cui si fa riferimento non è semplicemente una conoscenza intellettiva e speculativa; secondo l’antropologia biblica, si tratta di una conoscenza che coinvolge il cuore, sede del discernimento, mettendo in moto tutte le facoltà della persona. Ciò che si sarebbe dovuto ricercare e perseguire è indicato da un’espressione generica: “quello che porta alla pace” (alla lettera: le cose per la pace). La pace non si ottiene con una ricetta sicura, e infallibile. E neppure è qualcosa di statico. Ci sono cose da scoprire, percorsi da inventare, strade da cercare e sperimentare. La pace è da un cammino sempre nuovo, da desiderare, un avanzare progressivo da discernere faticosamente in mezzo alle tenebre del conflitto. Ma c’è anche un’abitudine nel perseguire la pace, un’abitudine da coltivare costantemente in un tempo che non è infinito. Viene infatti un oggi in cui saper trovare ciò che porta alla pace è prioritario, al punto da fare la differenza tra la vita e la morte (cf. vv. 43-44). Eppure “in questo giorno”, proprio quando è essenziale, Gerusalemme non sa più vedere la via della pace, che è “ormai nascosta ai tuoi occhi” (v. 42). Perché questo accade?

La pace è da un cammino sempre nuovo, da discernere faticosamente in mezzo alle tenebre del conflitto. Ma è anche un’abitudine da coltivare.

Qualche indicazione più precisa viene da Is 59,8, dove il profeta annuncia con rammarico una condizione analoga a quella descritta in Lc 19,41-42: “non conoscono la via della pace”. Questa affermazione è preceduta dalla denuncia di una serie di comportamenti della comunità a cui il profeta si rivolge. Si pratica la violenza l’uno contro l’altro (“le vostre palme sono macchiate di sangue”, Is 59,3), l’inganno e la menzogna reciproca sono la cifra distintiva delle relazioni (“le vostre labbra proferiscono menzogne”, v. 3). Il male non è accidentale, ma l’inganno nei confronti del fratello è progettato persino con cura: “dischiudono uova di serpenti velenosi, tessono tele di ragno; chi mangia quelle uova morirà e dall’uovo schiacciato esce una vipera” (v. 6). Le immagini descrivono un inganno di morte sotto le apparenze della vita offerta. L’uovo non è portatore di vita, ma nasconde la morte; la tela non serve per vestirsi (cf. v. 6), ma è una trappola tessuta in attesa che innocenti vi cadano (cf. v. 7). L’intelligenza e la conoscenza, che dovrebbero servire per trovare vie di vita e pace, sono usate per provocare desolazione e distruzione (v. 7).

L’intelligenza e la conoscenza non sono a servizio della vita e della pace, ma sono usate per provocare desolazione e distruzione.

Questo il ritratto di una comunità che non conosce “la via della pace” (v. 8). La via della pace non si improvvisa, ma è da cercare e perseguire giorno dopo giorno, nella scelta ostinata di uno stile di vita che costruisca, e non distrugga, che porti consolazione e non desolazione, che intrecci relazioni invece che trame di morte. Così si impara a conoscere ciò che porta verso la pace, ad aprire gli occhi e il cuore perché le vie di pace non siano perdute proprio quando è più necessario. “Andiamo tastando la parete come ciechi, come privi di occhi andiamo a tentoni; inciampiamo a mezzogiorno come se fosse il crepuscolo, in mezzo all’abbondanza siamo come dei morti” (Is 59,10). Chi non cerca ciò che porta la pace è condannato alla cecità, a non vedere la strada. Non basta l’abbondanza a salvare, se il cuore non è avvezzo a cercare la vita del fratello; non basta il sole del mezzogiorno a illuminare il cammino, per chi ciecamente ha rifiutato di costruire relazioni di vita.

La via della pace è da cercare giorno dopo giorno, nella scelta ostinata di uno stile di vita che costruisca, porti consolazione, intrecci relazioni.

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