06 Maggio 2024

Lo Spirito Santo


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Carlo Maria Martini e Giovanni Nervo sono due uomini che si sono lasciati guidare dallo Spirito Santo; alla luce della Parola ci soffermiamo su alcuni rimandi dei loro insegnamenti per poter vivere una vita personale e comunitaria secondo la Pentecoste.

ENTRIAMO NELLA PAROLA

Giovanni Nervo | “Chi è lo Spirito Santo per me?”

da “Non lo riconobbero. Il Vangelo in un mondo che cambia”


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«Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio, e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti».

All’inizio della nostra vita di cristiani sta questo innesto operato dallo Spirito Santo che sarà sempre presente e ci rende capaci di amare con il cuore di Cristo, con l’amore con cui Dio ama. La missione che Gesù affiderà agli apostoli, e quindi alla Chiesa, è questa: «Andate dunque e di tutti i popoli fate discepoli: li battezzerete nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo e insegnerete loro a osservare tutto ciò che ho comandato».

Il battesimo ci innesta nella vita divina, nella vita della ss. Trinità. Ma questo innesto, con la presenza operante di Cristo, attraverso lo Spirito Santo deve portare i suoi frutti: «Insegnerete loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». In concreto la sua rivelazione si riassume nel comandamento dell’amore: «Amatevi fra di voi come vi ho amato io».

Questa vita nuova non è frutto dell’albero selvatico, della nostra iniziativa, della nostra capacità, ma dell’innesto, cioè dello Spirito Santo, anche se richiede la nostra umile e fedele collaborazione. Ciò vale personalmente per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per la Chiesa.

Carlo Maria Martini | “Lo Spirito e l’uomo”

da “Tre racconti dello Spirito. Lettera pastorale 1997-98”


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Accanto alla tradizione soprattutto occidentale che vede nello Spirito il vincolo della carità che unifica, si è potuta sviluppare un’altra tradizione, particolarmente in Oriente, che vede lo Spirito come l’estasi di Dio, colui che rende possibile l’uscita di Dio da sé, la Sua apertura all’altro.

Si potrebbe dire, allora, che lo Spirito è sia colui che unifica i diversi, stabilisce ponti di riconciliazione e di pace, sia colui che apre e diversifica, suscitando la varietà dei doni e dei carismi, spingendo continuamente i discepoli a uscire da se stessi per andare verso l’altro e accoglierlo.

L’azione dello Spirito Santo sull’uomo e sulla Chiesa può allora caratterizzarsi in due direzioni. Da una parte, il Consolatore è principio invisibile dell’unità, che supera le divisioni e le frammentazioni, dà pace ai cuori, li salda nella gioia della comunione col Padre e col Figlio in lui, è l’anima dell’unità della Chiesa e fa di questa unità segno, strumento e profezia dell’unità del mondo. Dall’altra parte, lo Spirito suscita la ricchezza dei doni e dei ministeri i più diversi e spinge a vivere la vita nuova dei risorti come servizio e missione.

La comunione ecclesiale, vivificata dallo Spirito, si presenta pertanto come un insieme di diversità riconciliate, una varietà unificata nella carità e nella reciprocità, a immagine di quel «reciproco abitare l’uno nell’altro e compenetrarsi l’uno nell’altro» (pericoresi), per cui ciascuna delle tre Persone nella Trinità è se stessa, eppure totalmente inabita nelle altre e accoglie le altre in sé, nella perfetta unità del Dio unico.

Sotto l’azione dello Spirito la Chiesa vive di un’unità profondissima, frutto della partecipazione alla vita eterna di Dio, senza però che l’unità significhi massificazione, esprimendosi anzi in una varietà di volti, di carismi e di servizi che ha qualcosa di analogo alla varietà esistente fra le stesse Persone divine. Lo Spirito dunque unifica il diverso e diversifica l’unito, riconcilia il distinto e distingue nella comunione dei riconciliati. Vivere secondo lo Spirito richiede perciò la piena accoglienza della sua duplice azione: rifiuta lo Spirito tanto chi opera divisione, quanto chi volesse massificare e appiattire le diversità. Accoglie invece lo Spirito chi promuove e rispetta valorizzandola la diversità da lui suscitata, ma si adopera perché tutto concorra all’utilità comune e serva per l’edificazione dell’unico Corpo del Signore Gesù, che è la Chiesa della Trinità.

Dal Vangelo secondo Luca | Lc 11,5-13

Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!

Carlo Maria Martini | “L’amico importuno e lo Spirito”

Immaginiamo che l’amico importuno sia chi bussa alle porte delle nostre comunità cristiane, direttamente o indirettamente, chiedendoci il pane della Parola di Dio. Potremmo trovarci nella difficoltà in cui si trova il personaggio della parabola: la porta è chiusa, i piccoli sono a letto, la notte è già avanzata. Tutto, insomma, è al suo posto, e ci costa scomodare le cose mettendo a soqquadro l’intera casa, come avveniva nelle abitazioni dell’epoca di Gesù, dove si dormiva per terra sulle stuoie, e si occupava il pavimento dell’ambiente di ingresso che fungeva normalmente anche da camera da letto.

Un gruppo o una comunità che non si lasciasse scomodare dall’amico importuno, che preferisse la propria ordinata organizzazione dei tempi e degli spazi all’apertura generosa all’altro, realizzerebbe il contrario di ciò che Gesù fa fare al personaggio del racconto. Non solo: ma l’uomo che si lascia disturbare e soddisfa la fame dell’amico importuno è assunto niente di meno che a immagine del Padre celeste, che non nega lo Spirito a chi con insistenza glielo chiede. Dunque, una comunità, un movimento, un gruppo che si apre all’accoglienza dell’altro ed è disponibile a lasciarsi disturbare e perfino a lasciarsi mettere in questione dall’urgenza della carità e della comunione, diventa icona vivente del Padre che dà lo Spirito, sorgente di quella vita e di quella gioia che solo dallo Spirito vengono.

Per la riflessione

:: Come fare in modo che tutte le nostre comunità siano così ricche di Spirito Santo da esser pronte ad accogliere la sfida dell’amico importuno?

:: Come mantenerci così vigilanti da saper scoprire e valorizzare il dono dell’inopportunità, rappresentato dall’altro e dal diverso da noi?