13 Settembre 2023

Gli altri, la cucina, una figlia da riabbracciare

Gli amici di "Scarp de’ tenis", giornale di strada e progetto sociale, si raccontano in questa rubrica. Inizia Enzo, che con Caritas Ambrosiana porta la sua storia anche nelle scuole

PRIMA DI INIZIARE :: Chi in Caritas si occupa di comunicazione (cioè tutti) è chiamato a promuovere spazi dove la voce delle persone in situazione di vulnerabilità possa essere accolta e ascoltata, in modo da facilitare la narrazione delle storie e l’incontro con le vite uniche di ciascun fratello e sorella :: BUONA LETTURA!

«Mi chiamo Enzo, vengo da Giuliana, un piccolo paesino montano in provincia di Palermo. Purtroppo, però, sono tanti anni che non ci torno. Dal 1968 per la precisione. Da quando il terremoto del Belice costrinse me e la mia famiglia a trasferirci altrove.

Mio padre trovò un posto in fabbrica a Darmstadt, in Germania, e io, ancora minorenne, iniziai a lavorare con lui. L’avventura tedesca durò poco, e due anni dopo tornai in Italia, prima ad Alessandria e finalmente a Milano. Era il 1977.

A Milano mi sono trovato subito bene, il lavoro c’era e sono riuscito a costruirmi una famiglia. Per qualche anno ho vissuto una vita tranquilla, ma i problemi erano dietro l’angolo. Dentro casa, in particolare. Dopo nove anni di matrimonio, infatti, divorziai da mia moglie, da cui ho avuto una figlia che non vedo da tanti anni ormai. Passai davvero un brutto periodo che influenzò negativamente tutti gli aspetti della mia vita. Poco dopo persi anche il lavoro. Per me, lavoratore da una vita, fu un brutto colpo.

Nonostante avessi fatto di tutto per trovarmi un’occupazione mi ritrovai in strada. Avevo già cinquantacinque anni e il mercato del lavoro, si sa, non guarda in faccia nessuno.

La mia nuova casa era diventata il parco in via Boeri, zona Tibaldi, a Milano. Ho passato là diversi anni, alternandomi tra panchine e dormitori per senzatetto. Di quei tempi ricordo soprattutto la difficoltà di trovare un pasto caldo. Fortunatamente venni in a conoscenza di diversi centri di accoglienza per persone senza dimora, dove ho sempre trovato qualcuno disposto a darmi una mano. In quegli anni ho avuto modo di conoscerli bene, i centri di accoglienza.

Sapevo benissimo che in viale Ortles si mangiava bene ma ogni pranzo costava due euro e cinquanta, mentre in piazza Carbonari ti davano solo brodaglie, però gratuitamente. Insomma, ero diventato un esperto. Tuttavia, ho avuto sempre dentro di me la volontà di togliermi dalla strada e così mi sono impegnato sin dall’inizio in vari progetti Caritas, grazie ai quali ho ritrovato la stabilità economica e un tetto.

Adesso vivo a Quarto Oggiaro, in un monolocale. Con Caritas Ambrosiana giro spesso per le scuole elementari milanesi, dove racconto la mia storia ai giovani studenti. L’affetto e il calore che questi ragazzi sono capaci di trasmettere non si può esprimere a parole. Inoltre, lavoro come venditore del giornale “Scarp de’ tenis”.

Da quando ho una casa, mi sono potuto dedicare nuovamente alla cucina, un’altra mia grande passione. Cucino soprattutto piatti tipici siciliani, che condivido con i miei colleghi di “Scarp”. Le mie specialità sono la pasta alle sarde e le polpette col finocchietto selvatico.

Quello che mi auguro è di continuare a lavorare per aiutare gli altri e, chissà, di poter rivedere mia figlia.

Per tutti questi anni, infatti, l’orgoglio mi ha imposto di starle lontano per evitare di recarle del dolore. Ma la voglia di rivederla è troppo forte, e spero che, presto o tardi, verrà il giorno in cui la riabbraccerò».