16 Febbraio 2023

I volontari si raccontano alla radio

Intervista ad Andrea Piersanti, curatore della rubrica "Al piano terra della società": «Siamo in onda non a caso su Isoradio, il canale che informa sulla vita reale del Paese»

«Per certe cose c’è sempre tempo» dice convinto Antonino. E ci piace pensare che la sua frase possa fare da filo conduttore alla rubrica radio “Al piano terra della società”, perché se si vuole fare volontariato, essere tra i milioni di donne e uomini che nel nostro Paese si occupano gratuitamente degli altri, il tempo lo si trova. Ce lo dice Antonino in una puntata della rubrica, ce lo dimostrano le mamme, i professionisti, i giovani, i pensionati che Andrea Piersanti intervista di volta in volta. Cinque minuti ogni sabato e domenica alle ore 9.30 circa su Rai Isoradio e RaiPlay Sound. Le attività, le relazioni che si instaurano, le motivazioni che spingono alla scelta di svolgere un servizio volontario. È questo che Andrea Piersanti, giornalista, docente e curatore della rubrica, ci racconta attraverso le testimonianze di chi si avvicenda ai suoi microfoni.

Ascolta l’intervista:

Piersanti, iniziamo dal titolo: “Al piano terra della società” nasce dalla convinzione che il volontariato, il rispetto e la cura degli altri sono alla base del nostro Paese. Contribuite a far conoscere dunque una parte d’Italia che arricchisce di senso la vita del Paese, una parte significativa anche dal punto di vista numerico.
«L’idea di questo titolo è della direttrice di Isoradio, Angela Mariella. Eravamo in macchina, stavamo andando insieme a preparare il terreno per una nuova trasmissione che inizieremo a realizzare tra qualche settimana e che è dedicata al mondo della scuola, dei giovanissimi. Mentre cercavamo parcheggio ci è venuta spontaneamente l’idea di dedicare uno spazio radiofonico al mondo dei volontari e il titolo è nato proprio in occasione di questa conversazione. “Al piano terra della società” è il primo titolo venuto in mente alla direttrice. La trasmissione parla di un Paese reale che riesce a riempire i buchi che qualche volta le istituzioni lasciano. Sono persone che lo fanno con spirito di altruismo, con generosità, senza aspettarsi niente dalle istituzioni, nazionali o regionali o più locali. Lo fanno perché sentono che è giusto così. Sanno che ci sono persone che aspettano una mano, un sostegno; certe volte soltanto uno sguardo e un sorriso».

«Lo fanno perché sentono che è giusto così. Sanno che ci sono persone che aspettano una mano, un sostegno; certe volte soltanto uno sguardo e un sorriso»

Che scelte redazionali operate? C’è un tipo di volontariato che privilegiate?
«No, la scelta va in una direzione completamente opposta. Noi vogliamo parlare di tutti i tipi di volontariato che esistono in Italia. Accanto alle scelte più obbligate – oserei dire necessarie –, ovvero parlare ad esempio delle tantissime attività di volontariato che la Caritas svolge in Italia e nel resto del mondo, abbiamo voluto sentire un’organizzazione, una Onlus che si chiama Worldrise e che si occupa della tutela del mare, il patrimonio marittimo, che ci permette di respirare. Per cui non c’è una scelta a priori: ci interessa far parlare queste persone».

Siete in onda dallo scorso mese di settembre. Come ci ha anticipato, sono diverse le puntate con ospiti volontari di opere segno promosse dalla Caritas. Che Caritas ha conosciuto finora e quale caratteristica di questo organismo pastorale trova più interessante far vedere o far ascoltare?
«Denuncio una mia parzialità: sono abbastanza innamorato delle attività della Caritas. Quando penso a iniziative a favore degli altri, il primo nome che mi viene in mente è proprio quello della Caritas. Ho conosciuto delle realtà di cui non sapevo nulla. Per esempio sono stato al Ferrhotel, promosso dalla Caritas diocesana di Roma, il Centro di accoglienza per stranieri adulti che hanno lo status di rifugiati politici nel nostro Paese. Ho scoperto una realtà molto interessante, perché le persone che lavorano in questo centro hanno poco spazio per smancerie o per finti buonismi. Si devono occupare di problemi molto seri. E mi sembra che rappresentino il vero Dna, la vera natura dell’ente: la Caritas si occupa di cose serie».

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Attività al Ferrhotel, il Centro di accoglienza promosso dalla Caritas diocesana di Roma

“Al piano terra della società” è in onda su Isoradio. Tra gli attuali 13 canali del servizio pubblico, Isoradio è quello che si rivolge soprattutto agli automobilisti, a chi è in viaggio; è il canale del traffico, della mobilità, del territorio. Un modo anche per sottolineare la diffusione delle attività di volontariato in tutto il territorio italiano? Come la rete stradale che innerva l’intero Paese…
«È una bellissima immagine! La proporrò alla nostra direttrice. Sicuramente l’idea di un canale come Isoradio, squisitamente di servizio pubblico, è uno dei luoghi ideali per parlare di volontariato. Noi facciamo compagnia agli automobilisti che viaggiano per le strade italiane fornendo loro informazioni di prima mano sulle condizioni del traffico e del meteo. Ma soprattutto dando informazioni sulla vita reale del Paese. In questa immagine della rete delle strade che innerva il Paese così come il volontariato innerva il Paese c’è una poesia, una luce, una speranza che facciamo nostra».

La rubrica dura soltanto cinque minuti. Dalla direzione non ritengono si possa o si debba fare di più oppure sono dell’idea che uno spazio breve ma denso possa essere più efficace?
«Qui ci dobbiamo fidare dei tecnici. La regia radiofonica in questi ultimi anni si è adeguata ai tempi. La radio è lo strumento di comunicazione tecnologico più antico che abbiamo ma è anche il più moderno, il più flessibile, il più elastico, il più capace di adeguarsi ai cambiamenti dei tempi, al nuovo universo digitale. I tempi di regia sono questi. Cinque minuti per noi paradossalmente sono uno spazio lungo, non uno spazio breve. Dare cinque minuti di radio in diretta alla stessa persona è un grandissimo regalo che noi speriamo di fare per tutto il mondo del volontariato».

«La radio è lo strumento di comunicazione tecnologico più antico che abbiamo ma è anche il più moderno, il più flessibile, il più capace di adeguarsi ai cambiamenti dei tempi»

E poi la scelta di far parlare i vari volontari che lei intervista per quasi tutta la pur breve durata della rubrica. Lei interviene pochissimo. Un paio di veloci sottolineature o domande.
«È il giornalismo che preferiamo. Un giornalismo che rimane dietro, che quasi si nasconde agli occhi del pubblico, perché il vero giornalista narra gli altri, non narra se stesso. Se noi fossimo troppo in primo piano, in qualche modo metteremmo in contraddizione la nostra funzione».

Lei prima di questa rubrica si era già occupato in qualità di giornalista di volontariato o di Terzo settore?
«Ho curato per alcuni anni la diretta di Isoradio, nella fascia serale, insieme con i bravissimi giornalisti del canale. Mentre loro si occupavano di dare informazioni di servizio pubblico, traffico, meteo, io facevo compagnia agli automobilisti con informazioni di carattere culturale. E ho lasciato molte volte spazio al Terzo settore, al volontariato. Siamo riusciti a intervistare più di una volta – e ne siamo molto contenti – l’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, Sua Eminenza Matteo Zuppi, che noi però continuiamo a chiamare don Matteo».

La scoperta più bella che ha fatto grazie a “Al piano terra della società”?
«Lo citavo prima: sono rimasto molto impressionato dalle esperienze che mi sono state raccontate da operatori e volontari del Ferrhotel. Soprattutto un ragionamento di Flavio, che mi ha dato molto da riflettere: l’obiettivo del volontario non è quello di sostituirsi alla persona che aiuta. L’utente, supportato da un volontario, non si deve sentire sostituito nell’accesso alla vita. Il volontario ha un obiettivo primario: rendere autonoma, indipendente la persona che si rivolge a queste strutture, per fare in modo che poi possa partecipare da cittadino attivo alla vita di questo Paese. Ed è questa la parte più difficile: intervenire con l’obiettivo di togliere le mani a un certo punto, di fare in modo che l’assistito possa riprendere la propria vita in tutta autonomia. Mi è sembrato un concetto bellissimo, che rappresenta meglio di mille convegni, di mille libri la vera essenza del Terzo settore».

La radio, i podcast si prestano particolarmente a far venir fuori l’intimità delle persone, lì appunto dove nasce la motivazione, il desiderio, anche la necessità di fare qualcosa per gli altri.
«È la magia di questo mezzo pazzesco. Sono assolutamente d’accordo con lei: la voce, senza l’ingombro dell’immagine, è in grado di raccontare l’intimità di una persona meglio di qualsiasi altro medium che conosciamo».

Le Caritas sono uno scrigno di storie e testimonianze in questo ambito. Un suggerimento per gli operatori della comunicazione delle Caritas: quali punti fermi tenere a mente quando si racconta il volontariato? Quali storie “regalare” ai giornalisti quando chiedono un’intervista, una testimonianza?
«Un consiglio semplice: di solito quando si parla del Terzo settore i mass media sono più apparentemente interessati alla parte della “sfiga” di cui si occupa il Terzo settore: cioè le disgrazie, i terremoti, le tragedie, le persone fragili, … Invece la cosa meravigliosa del Terzo settore, del volontariato è proprio il sentimento della speranza. Un volontario apre la speranza nella mente, nella testa e nel cuore di chi pensa di avere perso la possibilità di farcela. Allora la speranza, la buona notizia, il sorriso, la prospettiva, il fatto che esiste un domani anche nelle situazioni più drammatiche è secondo me il vero messaggio che il Terzo settore dovrebbe ripetere senza stancarsi mai a tutti gli italiani».

«La speranza, la buona notizia, il sorriso, la prospettiva, il fatto che esiste un domani anche nelle situazioni più drammatiche è secondo me il vero messaggio che il Terzo settore dovrebbe ripetere senza stancarsi mai a tutti gli italiani»

Andrea Piersanti, abbiamo iniziato e concludiamo con le parole di Antonino, uno dei volontari intervistati per “Al piano terra della società”, quando dice che “per certe cose c’è sempre tempo”. Ci impegniamo tutti a trovare del tempo per dedicarci agli altri?
«Non c’è soltanto la strada del volontariato. Non è necessario sempre fare il volontario. A volte quando camminiamo per strada e vediamo una persona in difficoltà, un anziano che non riesce ad attraversare la strada, qualcuno che sta cercando di uscire goffamente da un parcheggio, fermiamoci, facciamogli un sorriso e diamogli una mano. È un modo per sentirci più vicini agli altri».

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Andrea Piersanti