01 Febbraio 2023

Giù le mani dall’Africa!

In occasione del viaggio di papa Francesco, in Africa dal 31 gennaio al 5 febbraio, un focus sulla Repubblica Democratica del Congo: una nazione dove si concentrano preziosissimi giacimenti di idrocarburi e minerari di coltan, oro, cobalto, litio, diamanti, rame, nichel che hanno catturato l’interesse di numerose potenze internazionali e Stati vicini. Una terra vittima, a causa delle ingiustizie, della sua stessa ricchezza. Oltre 5.6 milioni gli sfollati interni al Paese in seguito ai continui conflitti.

Costruire sentieri di pace, orizzonti di dialogo, strade di riconciliazione: è questa la missione che guida il Santo Padre nel suo pellegrinaggio in Africa dal 31 gennaio al 5 febbraio. Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan saranno le mete di questo viaggio di speranza e di pace. Un viaggio che intende rompere il silenzio della comunità internazionale e riportare alla luce nello scenario mondiale conflitti troppo a lungo ignorati e dimenticati. A riguardo, forte la denuncia di Papa Francesco nel suo primo discorso in terra africana:

Questo Paese e questo Continente meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione: giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo Paese e questo Continente. L’Africa, sorriso e speranza del mondo, conti di più: se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le Nazioni!

Nelle terre congolesi la guerra si consuma in silenzio da sessant’anni. Dal 1960, anno in cui ottenne l’indipendenza dal Belgio, la Repubblica Democratica del Congo non ha mai conosciuto un vero periodo di stabilità e di pace. Conflitti endemici e lotte intestine agitano le sue terre. Oggi tali conflitti scuotono le regioni orientali del Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri e Katanga. Territori ricchissimi di risorse naturali e di giacimenti minerari, tanto da essere stati definiti uno “scandalo geologico”.

Il patrimonio naturale che il Congo può vantare è immenso: abbondanza di terre fertili, uno dei maggiori bacini fluviali al mondo e una foresta tropicale seconda solo all’Amazzonia. Ma la sua ricchezza non si esaurisce qui. Nelle profondità delle terre congolesi si nascondono infatti preziosissimi giacimenti di idrocarburi e minerari di coltan, oro, cobalto, litio, diamanti, rame e nichel. Un tesoro dal valore inestimabile che ha catturato l’interesse di numerose potenze internazionali, delle più grandi aziende high-tech e degli Stati vicini.

È in queste regioni che oggi si consumano scontri intensi e violenze indiscriminate contro la popolazione civile e autoctona. Ad oggi sono più di 140 i gruppi armati locali e stranieri attivi in queste aree.

Saccheggio e distruzione di abitazioni rappresentano solo alcuni dei numerosi crimini da loro perpetrati nelle zone di conflitto. Sono diffusi stupri e violenze sulle donne, uccisioni e torture, arruolamento dei bambini nelle milizie e sfruttamento di donne e minori nelle miniere.

L’instabilità politica del Paese e la dilagante corruzione di alcuni leader locali permette a tali gruppi armati di operare liberamente. Netto il giudizio del vescovo di Kindu, Mons. François Abeli Muhoya Mutchapa:

Spesso dietro a queste organizzazioni criminali si celano interessi internazionali, che mirano a mantenere la destabilizzazione delle istituzionali statali congolesi per depredare e saccheggiare l’immenso patrimonio del Paese con la complicità di leader locali”.

Talvolta, invece, i responsabili di queste incursioni militari sono forze mercenarie, legate, in modo più o meno trasparente, a leader politici, a compagnie private o allo stesso esercito congolese. A completare questo quadro già estremamente complesso vi sono i movimenti di matrice jihadista, anch’essi operativi all’interno del Paese e autori di numerosi crimini.

L’ambivalenza del governo nei confronti di questi gruppi armati e il legame con essi intrattenuto dal Rwanda e l’Uganda e da alcuni leader politici ha rafforzato la situazione di instabilità del Paese, rendendola sempre più grave.

Oggi la Repubblica Democratica del Congo, nonostante il ricchissimo patrimonio di cui dispone, rimane una delle nazioni più povere del mondo. I conflitti prolungati e intensi e l’attivismo dei gruppi armati non sono le uniche cause che hanno determinato questo triste quadro. Epidemie cicliche, malattie croniche e catastrofi naturali hanno contribuito ulteriormente ad aggravare le condizioni del Paese.

L’impatto di questi fenomeni sulla popolazione congolese e sull’intero Paese è ampiamente negativo. Un paradosso sui cui si è soffermato Papa Francesco:

“questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono ‘straniero’ ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati. È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca.”

La situazione socio-umanitaria è drammatica, soprattutto nella parte orientale; la popolazione non ha accesso ai beni e ai servizi sociali di base e vive in condizioni subumane al di sotto della soglia di povertà. Una situazione che Papa Francesco definisce in modo durissimo come “un genocidio dimenticato” e come “terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato”.

Secondo il bollettino del cluster sicurezza alimentare delle Nazioni Unite, 27 milioni di persone, cioè il 25% della popolazione, vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare, numero che sale ai 2/3 della popolazione se si considerano tutti coloro che non hanno accesso al cibo in modo sicuro. Le indagini nutrizionali condotte hanno rilevato che nei territori dell’Est della RD Congo donne, bambini e sfollati soffrono di grave malnutrizione cronica. Anche l’accesso all’acqua potabile è molto limitato e solo il 28,7% dei cittadini può usufruire di servizi sanitari adeguati. I conflitti prolungati e intensi hanno aggravato ulteriormente la crisi in atto, accrescendo il numero già molto elevato di sfollati interni, che ha raggiunto i 5,6 milioni di persone. La Repubblica Democratica del Congo è il paese con il più alto numero di sfollati interni in Africa.

I bisogni umanitari sono molteplici e multisettoriali; in particolare riguardano salute, accesso all’acqua, igiene, sicurezza alimentare e nutrizione, ripari e mezzi di sussistenza, educazione e protezione.

Papa Francesco ha sollecitato con forza a non restare indifferenti dinnanzi al dramma di questo popolo: “Si faccia largo una diplomazia dell’uomo per l’uomo, dei popoli per i popoli, dove al centro non vi siano il controllo delle aree e delle risorse, le mire di espansione e l’aumento dei profitti, ma le opportunità di crescita della gente “. Allo stesso tempo il Papa ha sollecitato un impegno per ”sostenere i  processi di pace in corso” ed ha rimarcato come sia importante rispondere agli innumerevoli bisogni con “piani volti ad una crescita integrale” per  un “reale sviluppo” e non con “interventi di mero assistenzialismo”.

Una sfida anche per la società civile e la Chiesa che Papa Francesco incoraggia “in nome della dignità e del valore dei diamanti più preziosi di questa terra, che sono i suoi cittadini, vorrei invitare tutti a una ripartenza sociale coraggiosa e inclusiva”. Durante l’omelia della messa a Kinshasa, il Papa ha offerto tre parole come sorgenti della pace: perdono, comunità e missione. In particolare ha sollecitato i cristiani ad essere “testimoni di perdono, protagonisti nella comunità, missionari di pace” sottolineando come i cristiani siano chiamati a “spezzare il circolo della violenza ed essere coscienza di pace nel mondo”. Un messaggio rivolto a tutta la Chiesa e non solo a quella africana.

Parole che fanno eco all’incessante impegno della Chiesa congolese accanto ai più fragili e in prima linea nella promozione dello sviluppo umano e della pace. Notevole è la pressione da lei esercitata sui leader politici e sulla comunità internazionale per ottenere un cambio di direzione. Per un Congo democratico, libero, pacifico la Chiesa congolese lavora ogni giorno attraverso interventi sui fronti dell’educazione, della sanità, della promozione dei diritti umani, dello sviluppo delle comunità vulnerabili. Una Chiesa che più volte ha denunciato le ingiustizie profonde di cui è vittima il Paese, indicando le responsabilità internazionali e locali, non sottraendosi ad un impegno sul piano politico per la sua democratizzazione e per la pace assumendo spesso un ruolo di guida all’interno della società civile. In tal senso significativo fu il suo contributo nell’ultima tornata elettorale del 2018, dove la Conferenza Episcopale Congolese svolse un ruolo di mediazione tra i leader politici per il rispetto della Costituzione e dispiegò, grazie a un’ampia mobilitazione delle comunità, un imponente intervento di monitoraggio elettorale in tutto il Paese con più di 40.000 osservatori. 

Una missione, questa, condivisa anche da Caritas Congo, da anni impegnata a far fronte alle crisi umanitarie registratesi nel Paese.

Caritas Italiana collabora attivamente con la Caritas congolese, supportandola nella realizzazione di progetti in risposta alle emergenze causate da conflitti, catastrofi naturali ed epidemie (ebola, malaria, HIV, Covid19). Attualmente entrambe sono impegnate in un programma di assistenza alle popolazioni sfollate delle province di Kabambare e Maniema, ferite dall’attivismo dei gruppi armati in quelle aree.

La Repubblica Democratica del Congo è tra i Paesi protagonisti della campagna “Africa, fame di giustizia”, lanciata da Caritas Italiana per rompere l’indifferenza e porsi accanto alle popolazioni dell’Africa. La campagna mira a coinvolgere le persone e a camminare insieme verso la rimozione di quelle cause strutturali che alimentano le ingiustizie globali.

Si tratta di un percorso impervio e tortuoso, ma necessario per abbattere i muri delle disuguaglianze e costruire insieme orizzonti di giustizia, equità e pace.

Aggiornato il 01/02/23 alle ore 16:38