12 Ottobre 2023

Onu: stop alle bande

Una missione multinazionale in supporto alla polizia haitiana. L'obiettivo è contrastare le bande armate e fermare la violenza

Foto Reuters

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato una missione multinazionale guidata dal Kenya in supporto alla polizia nazionale haitiana (PNH). Lo scopo è contrastare il crescente potere delle bande armate e

porre fine al ciclo di violenza che ha permeato tutti i livelli della società inasprendo una crisi di sicurezza e di diritti umani che perdura ormai da anni.

Con 13 voti favorevoli e 2 astensioni (Russia e Cina), la mozione che dà il via libera alla forza multinazionale avrà l’obiettivo principale di sorvegliare infrastrutture critiche come aeroporti, porti, scuole, ospedali e incroci delle principali strade, e svolgere “operazioni mirate” insieme alla PNH, così da ristabilire le condizioni per svolgere regolari elezioni: le ultime sono state nel 2016. Il Kenya impiegherà almeno 1.000 addetti alla sicurezza. Altri Paesi come Jamaica, Barbados, Antigua e Barbuda parteciperanno a questa forza multinazionale con altre risorse, mentre gli USA sosterranno la missione finanziariamente.

Sebbene l’intervento di una missione di sicurezza sia stato invocato più volte dal primo ministro Ariel Henry, nonché dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, gran parte dell’opinione pubblica e dei difensori dei diritti umani non sono molto favorevoli a un intervento straniero,

memori del fallimento dell’ultima missione di peacekeeping (2004-2017), accusata di aver portato il colera nel Paese e perpetrato abusi di ogni genere.

C’è da aggiungere che le forze di sicurezza del Kenya sono state spesso criticate per violazioni dei diritti umani, corruzione, uso eccessivo della forza ed esecuzioni extragiudiziali. A questo proposito, i funzionari degli Stati Uniti hanno chiesto un meccanismo di supervisione per prevenire abusi durante questa missione multilaterale, in particolare per evitare casi di sfruttamento sessuale.

Foto Reuters

La crisi haitiana è forse una delle crisi umanitarie più gravi di questi tempi, ed è spesso dimenticata. La Capitale Port-au-Prince è ormai ostaggio delle bande criminali, che hanno costretto migliaia di persone ad abbandonare le loro case, trovando riparo presso familiari o centri di accoglienza provvisori. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) sono più di 200.000 le persone sfollate all’interno di Haiti a causa della violenza delle gang, rapimenti e violenza di genere. A questi si aggiungono i 61.600 haitiani rimpatriati nel Paese in modo coatto che vanno ad accrescere lo stato di precarietà dei campi di accoglienza, dove dilagano i focolai di colera e abusi di ogni genere.

Secondo un recente rapporto dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (OHCHR), tra il 1° gennaio e il 15 agosto 2023, almeno 2.439 persone sono state uccise, 902 ferite e 951 sequestrate da bande armate. L’allarmante escalation della violenza registrata dall’inizio del 2023 colpisce ora tutti i comuni dell’area metropolitana di Port-au-Prince, tra cui alcuni considerati sicuri fino a poco tempo fa. 

Sfollati interni | Foto Reuters

In un Paese dove quasi il 90 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con un terzo della popolazione in povertà estrema (Banca Mondiale), il numero di persone che necessitano di aiuti umanitari è quasi raddoppiato negli ultimi tre anni.

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Maggiormente esposti a questa condizione di grande vulnerabilità sono donne e bambini. Secondo le stime UNICEF, quasi tre milioni di bambini hanno bisogno di sostegno umanitario ad Haiti. L’estrema violenza ha aggravato la fame e la malnutrizione in un Paese già impantanato nella povertà.

«Essere un bambino ad Haiti oggi è più duro e più pericoloso di quanto non sia mai stato. Le minacce e le difficoltà che i bambini affrontano sono inimmaginabili. Hanno disperatamente bisogno di protezione e sostegno», ha detto il rappresentante dell’UNICEF ad Haiti Bruno Maes.

I bambini vengono uccisi o feriti mentre vanno a scuola; le donne e le ragazze subiscono violenze sessuali terrificanti.

Lo stupro viene utilizzato come arma di terrore e sottomissione contro la popolazione. I rapimenti per riscatto sono saliti alle stelle, così come gli attacchi alle scuole.

C’è anche un altro aspetto sociale che va considerato in un Paese dove il 45% dei bambini tra 6 e 9 anni non è mai stato a scuola e quasi la metà della popolazione adolescente è analfabeta:

la gang è l’unica via d’uscita per sopravvivere all’inferno della fame e dell’abbandono. Molti giovani si uniscono volontariamente alle bande armate perché esse garantiscono protezione e sostegno economico.

Questo tema è al centro del Dossier sulle gang giovanili pubblicato da Caritas Italiana a gennaio 2023.

Così la Conferenza dei Vescovi di Haiti: «Quella che stiamo vivendo è una delle crisi sociopolitiche e di sicurezza più lunghe e letali nella storia haitiana. Una guerra a bassa intensità contro persone pacifiche e disarmate che infuria in tutto il Paese».

Le bande hanno rafforzato la loro presa sul Paese dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel 2021. Dopo la sua morte la situazione già drammatica è peggiorata notevolmente, con un primo ministro ad interim, Ariel Henry, di fatto non riconosciuto dalla popolazione. Le numerose crisi politiche, sociali ed economiche che si sono succedute hanno messo in evidenza la debolezza del sistema di difesa statale a cui fa seguito il crescente potere delle bande criminali, che possono contare su un arsenale di armi da fuoco e munizioni ben superiore a quello della polizia haitiana.

L’incapacità dello Stato e della polizia di fermare lo spargimento di sangue ha generato un movimento di giustizieri di quartiere: “Bwa Kale”, che ha visto i cittadini insorgere contro le bande con machete e armi da fuoco.

In pratica la polizia non è in grado di difendere la popolazione e pertanto la popolazione si difende da sé.

Il compito di questo intervento multinazionale sarà proprio aiutare la polizia haitiana, al momento con scarse risorse materiali e umane, a riportare l’ordine nel Paese. Ma se da un lato questa notizia accende una scintilla di speranza, dall’altra fa crescere la preoccupazione per una recrudescenza della violenza a danno della popolazione. Quello che è certo è che le bande criminali di Haiti non lasceranno il potere acquisito senza ulteriore spargimento di sangue.

Basti solo pensare che il capo dell’alleanza criminale G9, l’ex ufficiale di polizia Jimmy Cherizier, che si ritiene un difensore dei diritti del popolo haitiano, ha dichiarato che in caso di intervento straniero «combatteremo fino alla morte! Sarà una lotta del popolo haitiano per la dignità del Paese».

In questo panorama umanitario così critico, Caritas Italiana, da molti anni presente ad Haiti, continua ad accompagnare la Caritas locale nel difficile lavoro di sostegno agli sfollati interni nelle zone più violente della Capitale e con interventi a sostegno dei più vulnerabili in tutto il Paese.

Foto Reuters
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Aggiornato il 12/10/23 alle ore 12:01