Scosse e Silenzi

Il terremoto e la vita sospesa
Hitun osserva, ad ogni movimento del terreno, come le bandiere oscillino in modo diverso.
Da circa tre settimane vive con la mamma e le due sorelle in uno dei campi allestiti dalla Croce Rossa Internazionale al di fuori della città di Sagain.
Il 28 marzo 2025 la loro semplice ma dignitosa casa in mattoni è stata distrutta dal violento terremoto che ha colpito il Myanmar scuotendone violentemente le regioni centrali.
Fortunatamente Hitun, la mamma e le sorelle in quel momento erano per la strada, indaffarati in compere. È bastata una corsa di qualche centinaio di metri per capire che tutto quello che avevano, guadagnato con i risparmi di papà che fino a due anni prima lavorava il ferro, erano ridotti in polvere e macerie.
Ma da quel giorno ogni volta che una scossa di assestamento si fa risentire, Hitun con i suoi sette anni osserva come il mondo intorno oscilli diversamente. Non è come quando c’è il vento, non è come quando la processione attraversa il paese. L’oscillare del terremoto è del tutto nuovo come lo sono i botti, le esplosioni che provengono dal ventre della terra, e come sono le condizioni di vita da un mese a questa parte.
Il terremoto di fine marzo ha causato circa 3.800 vittime, oltre 5,500 feriti e danni che ancora non si sono del tutto calcolati.
Il terremoto di fine marzo ha causato circa 3.800 vittime, oltre 5,500 feriti e danni che ancora non si sono del tutto calcolati
Emergenza nell’emergenza
Le regioni centrali del Paese si sono trovate all’improvviso a fare i conti con una nuova emergenza.
Se l’intera nazione è attraversata da decenni di dittature e da timidi tentativi di democrazia , nello specifico la regione centrale, lo scorso anno, è stata anche inondata da piogge torrenziali. E proprio mentre provava a rialzarsi almeno da questa emergenza, ecco arrivare il terremoto.
La famiglia di Hitun ora, dopo una settimana trascorsa in strada insieme ad altre famiglie e a un’insonnia costante, condivide gli spazi in un campo profughi dove le organizzazioni umanitarie portano cibo, kit igienici, acqua potabile, servizi igienici e vestiti.
Intorno la situazione è tranquilla ma sono arrivate alcune persone dai villaggi rurali e raccontano che il pericolo è ancora estremamente reale. Raccontano di come il terremoto sia quasi preferibile ai rumori e alle vibrazioni generate dalle armi da fuoco, dagli esplosivi e dagli attacchi aerei.
All’indomani del sisma la giunta militare che governa il Myanmar ha dichiarato un cessate il fuoco. Solo per qualche ora si è sperato che, come successo in altre gravi emergenze della Regione asiatica, il bisogno umanitario avesse il potere di far tacere le armi e di far prevalere, se non la pace, almeno una tregua.
Purtroppo i media locali e le testimonianze della gente del posto, raccontano di come al di là dell’ufficialità e dell’apparenza, il conflitto continui in tutta la sua durezza.
Le zone non controllate dal governo sono state raggiunte dai soccorsi con estremo ritardo e la distribuzione degli aiuti in quelle aree è molto più difficile e frammentata.

La risposta solidale della rete Caritas
KMSS, la Caritas del Myanmar, in uno sforzo congiunto con la Chiesa Cattolica del Myanmar e in stretta collaborazione con il network di Caritas Internationalis (CI) è stata da subito presente sul campo per portare aiuti di vario genere.
KMSS, la Caritas del Myanmar, in uno sforzo congiunto con la Chiesa Cattolica del Myanmar e in stretta collaborazione con il network di Caritas Internationalis (CI) è stata da subito presente sul campo per portare aiuti di vario genere.
Il personale delle diocesi colpite, supportato dai colleghi del Centro nazionale e delle Caritas del network di CI, riesce a raggiungere le famiglie nel bisogno anche in posti lontani dalle città o dei centri principali. Gli stessi operatori, però, sono anche vittime del terremoto e necessitano, come tutta la popolazione, di proteggere i propri cari.
Il lavoro del network della chiesa cattolica e della Caritas in Myanmar si focalizza non solo sulla risposta immediata ma anche su una risposta di medio e lungo termine che serva a ripristinare i meccanismi di approvvigionamento delle risorse, alimentari e di reddito, e a garantire abitazioni sicure in contesti urbani e rurali sicuri.
In Myanmar ci sono ufficialmente 135 gruppi etnici riconosciuti. Molti di essi rivendicano indipendenza o autodeterminazione, la possibilità di avere gli stessi diritti di tutta la popolazione, proprietà della terra e libertà di movimento.
Le stime, perché non si hanno dati ufficiali in questo senso, parlano di circa 170 gruppi armati nel Paese, alcuni ancora molto attivi, altri estinti o latenti.
Le stime parlano di circa 170 gruppi armati nel Paese, alcuni ancora molto attivi, altri estinti o latenti.
Nei giochi di gruppo organizzati dal Kmss per aiutare i bambini nell’istruzione, nella socializzazione e nella regolazione della paura post-sismica, Hitun fa esperienza di nuove amicizie. Gli hanno detto che una pace è possibile, che esiste un mondo senza attacchi, senza violenza e senza bombe.
Lui di una cosa soltanto è certo: suo papà se lo sono presi una notte i militari e a forza, mentre lui la mamma e le sorelle piangevano disperati, lo hanno caricato su un mezzo per portarlo a combattere.
Da allora la mamma dice loro che il papà li manda a salutare. ma ogni volta che lo dice poi piange.
Hitum aspetta un’altra scossa leggera per vedere oscillare la bandiera che sta fuori dal suo campo.
Non sa cosa sia la pace, ma gli piacerebbe tanto che tutto questo rumore si fermasse almeno per un po’.
E che papà tornasse a casa.
Aggiornato il 07/05/25 alle ore 14:22