19 Settembre 2025

“L’ottavo sacramento”

Don Italo Calabrò, testimone del Vangelo della fraternità. Il suo sogno e la sua eredità: una Chiesa per tutti, nessuno escluso.

Quando l’essere umano dispiega il suo potenziale distruttivo, la prima forma di contrasto alla violenza è nell’uso delle parole. Il resto viene dopo.

Don Italo Calabro aveva fatto delle parole dei Vangeli la fonte principale, anche se non esclusiva, del suo pensare e del suo agire dentro la Comunità.

Quella sua iconica frase “Nessuno escluso, mai!”, non era uno slogan, ma la sua personale declinazione e concretizzazione del suo impegno costante e appassionato dentro e fuori la comunità ecclesiale. Frase contenuta in quello che è stato il testamento spirituale scritto da don Italo il 9 giugno 1990 una settimana prima della morte avvenuta il 16.

Ecco un altro dei passaggi più significativi in cui si rivolge direttamente ai fratelli dell’Agape, l’associazione che fondò nel 1968 insieme a un gruppo di giovani che frequentavano l’Istituto Tecnico Industriale “A. Panella” di Reggio Calabria , impegnata nell’assistenza  agli ultimi e nel contrasto alla povertà :

“ Domando di continuare a impegnarsi sempre, nel nome di Cristo, per i fratelli  più emarginati, in piena comunione con il Vescovo, accogliendo anche le sollecitazioni che verranno anche da coloro che, pur con diverse motivazioni culturali e ideologiche, possono con noi ritrovarsi nel sostenere e promuovere i valori della libertà, della giustizia e della pace…”

In queste parole l’eco di un’altra delle fonti d’ispirazione di don Italo, la Costituzione italiana. 

Don Italo nasce a Reggio Calabria il 26 settembre del 1925, compie con ottimi risultati il suo percorso scolastico prima di entrare in seminario ed essere ordinato sacerdote il 25 aprile 1948 dall’arcivescovo Antonio Lanza del quale diventa subito segretario.

Nel settembre del 1950 è nominato arcivescovo di Reggio monsignor Giovanni Ferro che guiderà la diocesi per 27 anni e don Italo, diventa suo stretto collaboratore e, negli anni, ricopre molteplici incarichi diocesani. Insegnante di religione in diversi istituti cittadini. 

Dal dicembre 1964 sino all’ultimo istante della sua vita, parroco di San Giovanni di Sambatello, piccola parrocchia di 600 abitanti, nell’entroterra reggino, su una delle ultime balze dell’Aspromonte, un “balcone” sullo Stretto di Messina,  dove dispose di essere sepolto.

Presidente dell’Opera Diocesana Assistenza (Oda) dal 1955; è nominato presidente della Caritas diocesana fin dalla fondazione della stessa, nonché Delegato Regionale per la Calabria dal 1971 al 1985.

È cofondatore della Caritas Italiana e per diversi anni ricopre la carica di vicepresidente nazionale. Nel 1971 viene nominato Vicario episcopale per le attività assistenziali e caritative, dal 1974 fino alla morte è anche Vicario Generale. 

I poveri e i giovani sono i due grandi poli, tra i quali si svolge la sua intensa attività pastorale.

Don Italo con i “suoi” ragazzi

“I poveri sono Cristo, l’ottavo sacramento” era una delle sue frasi più significative.

Gli anni del Concilio Vaticano II e del post concilio, lo vedono impegnato nella promozione del volontariato, nell’impegno per la pace e la nonviolenza (è tra i primi in Italia a sostenere e promuovere l’obiezione di coscienza al servizio militare e il Servizio Civile, nonché l’Anno di Volontariato Sociale per le ragazze). 

A lui si deve la costituzione delle case-famiglia nella diocesi di Reggio per l’accoglienza delle persone con disabilità, dei dimessi dall’ospedale psichiatrico, segno e culmine di una durissima battaglia per la sua chiusura e per un’assistenza che considerasse la persona non solo portatrice di difficoltà e disagio, ma in grado di dare qualcosa di sé all’altro in un’ottica di fraternità e condivisione.

Don Italo ha sempre parlato con estrema chiarezza di ‘ndrangheta piccola e grande, condannando con fermezza la violenza mafiosa e della necessità di una mobilitazione delle coscienze e prodigandosi in un’intensa opera educativa presso i giovani e le loro famiglie per sottrarli alla violenza delle faide.

Meridionalista convinto non in una logica di contrapposizione, ma nel richiamo innanzitutto  al dovere della solidarietà tra le diverse aree del Paese, era convinto dell’importanza dello scambio di esperienze  tra  Chiese locali del Sud e del Nord, dell’azione di promozione umana nel nome del Vangelo come stimolo alla Politica nel prendere innanzitutto consapevolezza della drammatica complessità dei problemi del Mezzogiorno, evitando scorciatoie semplicistiche, e assumendo come punto fermo che il Paese non sarebbe cresciuto se non insieme.

A cento anni dalla nascita e all’inizio del processo di beatificazione, l’impegno di don Italo può rappresentare una delle sorgenti per il rinnovato impegno della Chiesa italiana per una Italia più giusta e più fraterna.

Aggiornato il 22/09/25 alle ore 15:49