“Lavorare con le comunità”: riflessioni dal Convegno Erickson 2025 e il ruolo di YOUngCaritas
Abbiamo partecipato al 5° Convegno Internazionale Erickson – “Lavorare con le comunità”, tenutosi a Trento il 24 e 25 ottobre 2025. Due giorni intensi che hanno rappresentato un’importante occasione di confronto, spingendoci ad ampliare lo sguardo per promuovere interventi che mirano al benessere delle comunità e valorizzano la collaborazione tra discipline e professioni diverse.
Il filo conduttore? La partecipazione attiva delle persone e il riconoscimento delle risorse presenti in ogni territorio.
YOUngCaritas: La scintilla per il futuro
Nello spazio dedicato allo scambio di esperienze, abbiamo portato l’esperienza di YOUngCaritas. La nostra sfida è chiara: rendere Caritas un luogo sempre più “dei giovani” e “per i giovani”, affrontando la crescente mancanza di partecipazione giovanile.
L’esempio concreto di come la partecipazione si trasformi in azione è arrivato da YOUngCaritas Genova, dove decine di giovani ogni domenica sera preparano e distribuiscono pasti caldi, cucinando con cura e riconoscendo la dignità di ogni persona, chiamandola per nome e fermandosi ad ascoltare.
Le tre chiamate dal Convegno: con, ascolto, partecipazione
Il convegno ha sottolineato come il lavoro sociale sia un agire “dentro” le comunità. Questo implica un cambio di prospettiva: non più concentrati sui singoli individui, ma sulla comunità nel suo insieme.
1. Lavorare con
Come ricordato dal prof. Carlo Andorlini (Università di Firenze), la forza del titolo del convegno risiede nella preposizione “con”: lavorare con significa costruire insieme, intrecciare relazioni e riconoscere la centralità del contesto come luogo di legami. Siamo chiamati a tessere relazioni con il territorio, con i vicini e persino con gli estranei.
Andorlini ci ha invitato ad avere uno sguardo ampio, capace di riscoprire il valore delle relazioni quotidiane, e a riconoscere gli “inconsueti” – come edicolanti e piccoli commercianti – quali vere sentinelle del sociale. Inoltre, ha sollecitato a valorizzare la fragilità e la vulnerabilità come risorse, capaci di generare nuove connessioni.

2. La ferita dell’ascolto negato
Giovanni Scarafile (Università di Pisa) ha acceso i riflettori sul concetto di “inaudalgia”: il dolore che nasce dal non essere ascoltati, il sentirsi trasparenti o non contare per l’altro. Quando la comunità viene trattata come un semplice oggetto di intervento (come nel caso studio di un quartiere abbattuto), il risultato è la perdita del capitale sociale e l’impoverimento relazionale.
La proposta è il “duologo”: una comunicazione in cui si riconosce e valorizza la posizione dell’altro, perché, come ricorda l’autore, “da un dialogo non si esce mai uguali”. Per noi di YOUngCaritas, accogliere l’altro e ascoltare la sua “ferita” è la strada per la rinascita collettiva.
3. La domanda: “I giovani hanno voglia di partecipare?”
Il sociologo Stefano Laffi (Codici Onlus) ha lanciato una provocazione: “Ma i giovani hanno voglia di partecipare?”. La sua riflessione ci riguarda da vicino.
Secondo Laffi, la fase 21-30 anni è il momento del “cosa posso fare nel mondo?”, e la partecipazione è la porta che apre a questa possibilità. Purtroppo, questa porta resta spesso chiusa:
i giovani non vengono ascoltati né coinvolti nei processi decisionali, anche quando si parla di loro.
La non partecipazione diventa così una forma di ribellione. La sfida per la comunità adulta è ripensare gli spazi e i modi della partecipazione, creando “porte invitanti”, non musei silenziosi, ma luoghi vivi e aperti. È fondamentale restituire ai giovani compiti di realtà ed esperienze concrete che alimentino l’immaginazione e il futuro.
Torniamo a casa con la convinzione che le comunità hanno voce, forza e proposte per costruire insieme il cambiamento. Lavorare con le comunità significa esattamente questo: costruire insieme legami, spazi e visioni condivise di futuro.


