28 Settembre 2023

Odio sui social: inaccettabile, evitabile

Serve combattere il fenomeno, ma è soprattutto necessario promuovere un profondo cambiamento di mentalità

Luiz Valério P. Trindade vive a Roma e ha conseguito un dottorato di ricerca in sociologia presso l’Università di Southampton (Regno Unito). Tra i suoi libri: “Discurso de Ódio Nas Redes Sociais” (Jandaíra, 2022) e “No Laughing Matter: Race Joking and Resistance in Brazilian Social Media” (Vernon Press, 2020).

Nell’arco degli ultimi due decenni è stato possibile osservare l’occorrenza di due fenomeni correlati. Da un lato, la crescita vertiginosa delle piattaforme social e la loro onnipresenza nella vita delle persone (soprattutto dei giovani). Dall’altro, la preoccupante crescita della diffusione dei discorsi d’odio su queste stesse piattaforme.

Ma, alla fine, cos’è esattamente il discorso di odio e perché questo fenomeno è diventato così preoccupante?

Il discorso d’odio è caratterizzato dalla manifestazione di pensieri, credenze, valori e ideologie che mirano a screditare e umiliare una persona o un gruppo sociale,

oppure ridurre il suo valore sociale sulla base di caratteristiche quali il genere, l’orientamento sessuale, l’appartenenza religiosa, il luogo di origine, la classe o la “razza”/etnia.

Naturalmente, le piattaforme social, emerse a metà degli anni 2000, non hanno inventato l’odio nella società. Questo sentimento era già presente in mezzo a noi da molto tempo. Tuttavia, dal momento in cui la tecnologia digitale ha iniziato a espandersi in modo travolgente, i discorsi d’odio hanno seguito questo movimento e sono diventati sempre più presenti nella società.

Uno degli elementi che evidenzia questa correlazione è stato presentato in uno studio da me condotto nel 2018 che ha analizzato 506 edizioni di diversi giornali e riviste internazionali pubblicati tra il 1993 e il 2018.

Lo studio ha rivelato che tra il 1990 e il 2011, il termine “discorso d’odio” è stato citato solo nel 7,4% degli articoli di giornale analizzati. Il restante 92,6% si è concentrato tra il 2012 e il 2018.

Questo perché nel 2012 la più grande piattaforma di social ha raggiunto l’impressionante traguardo di un miliardo di utenti attivi mensili. Dunque, diventa evidente come la crescita del numero di utenti attivi abbia contribuito all’intensificarsi della diffusione di intolleranza e odio sui social.

Detto questo, si osserva che i discorsi d’odio possono includere insulti, minacce, molestie, stereotipi offensivi e l’incitamento alla violenza. Inoltre, i discorsi d’odio sui social possono avere diversi impatti negativi sulla vita di coloro che ne sono vittime, e possono anche creare un clima di paura e insicurezza sociale.

La radice dietro a questo fenomeno comprende un sentimento di superiorità che, di conseguenza, scatena la percezione di avere il diritto di offendere chiunque.

In questo senso, il credere in questa superiorità fornisce un determinato grado di potenza all’individuo, che scatena il desiderio di esprimere la sua indifferenza e il suo pregiudizio nei confronti degli altri.

Questo modello di comportamento è praticamente lo stesso in Italia, Brasile, Stati Uniti, Inghilterra, Portogallo e altrove. Quindi, i contesti sociali sono diversi, però il fenomeno è lo stesso e le molle scatenanti sono anche abbastanza simili.

Inoltre, le persone coinvolte nella costruzione e diffusione dei discorsi d’odio spesso attivano dei comportamenti simili quando le loro aggressioni diventano notizia sui media:

  1. dicono che era solo uno scherzo innocente,
  2. cancellano il post aggressivo,
  3. cancellano l’account sui social, oppure
  4. cambiano lo status sull’account da pubblico a privato.

In altre parole, questi comportamenti rivelano due cose importanti sugli aggressori. Anzitutto, che loro stessi erano consapevoli e avevano l’idea e la chiara percezione che questo comportamento che diffondeva i discorsi d’odio era infatti inappropriato e irrispettoso. Altrimenti, non ci sarebbe bisogno di provare a giustificarsi dicendo che era solo uno scherzo innocente o di cancellare il post.

In secondo luogo, gli aggressori tendono anche a credere che essendo dietro a uno schermo del computer, sono protetti dalla disapprovazione pubblica e possono dire e scrivere quello che vogliono senza nessun filtro o responsabilità. Però allora, perché cancellano l’account, oppure cambiano lo status dell’account da pubblico a privato? La risposta è molto semplice:

perché si rendono conto che non erano poi così potenti, protetti e nascosti come credevano all’inizio.

In aggiunta, i discorsi d’odio possono essere uno degli effetti scatenanti di diversi crimini d’odio come, ad esempio, il femminicidio, gli attacchi violenti contro gli immigrati, le intolleranze contro religioni non cristiane, bullismo, violenza contro la comunità LGBTQ+, insurrezioni violente contro le istituzioni democratiche come successo negli Stati Uniti nel 2021 e in Brasile nel 2023.

Insomma, tutti questi impatti contribuiscono a rivelare che i discorsi d’odio sui social sono diventati un fenomeno senza confini e con caratteristiche molto simili attraverso diversi contesti sociali.

Alla fine, è importante favorire il dibattito pubblico sul questo argomento coinvolgendo diversi attori sociali (ad esempio, legislatori, leader religiosi, accademici, difensori dei diritti umani, leader di organizzazioni non governative, educatori, tra gli altri) e trovare modi non solo per combattere il fenomeno di discorso d’odio,

ma anche per promuovere un profondo cambiamento di mentalità, affinché le persone smettano di affrontare questo argomento come se fosse una cosa normale, accettabile, e inevitabile perché di fatto non lo è.