03 Ottobre 2023

Il bene? Va raccontato bene

Riflessioni a margine del convegno "Parlare con il cuore per raccontare il bene delle nostre comunità"

Comunicare è una questione di cuore; tutti dovremmo impegnarci per farlo ogni giorno con sincerità e correttezza. Abbiamo bisogno di quel legame che si instaura ogni volta che qualcuno parla e l’altro ascolta: ogni volta che questo succede le parole diventano informazioni ed emozioni che passano da bocca a orecchio e poi da cuore a cuore. Comunicare bene, dunque, è un desiderio che dovrebbe essere caro a tutti, non solo ai giornalisti ma ad ogni buon cristiano.

Per questo nella Diocesi di Ales-Terralba, al convegno “Parlare con il cuore per raccontare il bene delle nostre comunità”, organizzato di recente dal periodico “Il Nuovo Cammino”, in collaborazione con la Caritas diocesana (e altri partner come Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro diocesano, Ufficio informatico e Ucsi),

non erano presenti solo giornalisti, ma anche insegnanti, amministratori comunali e operatori pastorali.

Tante persone che si sono scambiate sorrisi, sguardi gentili e affettuosi saluti, testimoniando in modo semplice l’amore di una grande comunità che vuole camminare insieme in stile sinodale. Ecco dunque un impegno comune che si vuole portare avanti uniti: raccontare bene il bene fatto e le storie che arrivano dalle comunità.

Altro segno di comunione è la scelta di realizzare insieme, in sinergia, con impegno e dedizione per il prossimo un’iniziativa che metta in rete vari uffici diocesani, tutti coinvolti sul tema della comunicazione, dell’aiuto al prossimo e del sostegno economico e sociale della comunità.

Quanto fosse importante il tema della comunicazione si è capito fin da subito, fin dai primi interventi, ispirati dalle parole di Papa Francesco nel suo messaggio per la 57ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali “Parlare con il cuore” e nel quattrocentesimo anniversario dalla morte di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

C’è tanto bisogno del buono che si diffonde e che può passare attraverso le pagine dei giornali, nei programmi radio e tv e nei social. Non esiste infatti solo il giornalismo “strillato”, che cerca di battere la concorrenza con notizie sensazionali e che prospera grazie a temi scottanti, dando spazio solo a brutte notizie e alle letture dei fatti totalmente strumentalizzate. Esiste invece un altro tipo di giornalismo, stavolta costruttivo, come hanno sottolineato i giornalisti relatori del convegno: Andrea Pala, presidente di Ucsi Sardegna; Antonella Mariani di “Avvenire”; Alessandro Guarasci di Vatican News; Gianni Garrucciu, scrittore e corrispondente Rai.

Da sinistra: Alessandro Guarasci, Antonella Mariani, Stefania Pusceddu, direttrice de “Il Nuovo Cammino” e autrice di questo articolo, Gianni Garrucciu

Tutti loro hanno raccontato esperienze di vita e aneddoti utili a capire che si può scegliere il bene e impegnarsi ogni giorno per diffonderlo. Loro sono per noi esempi di giornalisti che amano i lettori e lavorano con professionalità, raccontando storie e fatti con obbiettività e correttezza. Dai loro racconti traspare come intendono la professione: mettono tutto l’amore che hanno, in ogni parola, in ogni riga, in ogni minuto, per far arrivare i messaggi dritti al cuore delle persone. Scrivere bene, d’altronde, è un dono che può e deve essere condiviso con gli altri.

È una cosa straordinaria per un giornalista far diventare le proprie parole, azioni. Ha il potere di aiutare le persone a guardare il domani con fiducia.

Non dimentichiamo, infatti, che le cattive notizie scoraggiano le persone e le influenzano negativamente: la gente si è allontanata dai mass media e molti studi e ricerche testimoniano che questo succede anche perché si è stanchi di essere bombardati da notizie allarmanti, negative e ansiogene. Ci preoccupa che un eccesso di notizie negative possa provocare, oltre a una legittima indignazione, anche un sentimento di sfiducia, rassegnazione e impotenza. Al contrario una notizia buona suscita il desiderio di essere a nostra volta quelli che fanno la differenza.

Al riguardo, il vescovo di Ales Terralba e arcivescovo di Oristano, mons. Roberto Carboni, nel suo intervento ha voluto incoraggiare chi scrive a fare buona comunicazione senza farsi prendere dalla smania di riempire freneticamente le pagine con l’unico scopo di andare alla ricerca di notizie dal sapore sensazionalistico per cavalcare l’onda mediatica, come in una competizione senza regole. Aiutandoci a riflettere, ci ha invitati a lasciare anche “spazi bianchi”, dando respiro alle pagine e lasciando il tempo a chi legge per riflettere. Da quella lettura l’augurio è che le persone trovino coraggio e speranza, voglia di impegnarsi, in prima persona, per un mondo migliore.

Perché parlare del bene e fare del bene moltiplica quel bene.

Mons. Roberto Carboni

Parlare con il cuore e raccontare il bene che accade intorno a noi non è solo una responsabilità di noi giornalisti, ma vale per ogni cristiano, che può comunicare in tutti i canali possibili: tutti possiamo osservare il mondo intorno a noi alla ricerca di quelle storie di luce, di quel bene che è tanto ed è più interessante del male. Occorre diffidare dalle fake news, che non vanno mai rilanciate, ma occorre anche usare responsabilmente i social perché le parole sono importanti e possono diventare macigni.

Il “buon comunicatore” può essere ciascuno di noi, come si è detto in una ricca serata fatta di parole e pensieri, testimonianze, domande, curiosità e punti di vista.

Il buon comunicatore è colui che come il buon samaritano si fa carico del dolore altrui, tocca con mano le ferite e le povertà e con il suo impegno quotidiano cerca di portare conforto, di curare quelle ferite e di restituire serenità e luce

Aggiornato il 03/10/23 alle ore 11:21