13 Dicembre 2022

Ridere in famiglia, il gusto della condivisione

Tre libri sul senso dell'umorismo e sulla sua importanza

Nelle nostre famiglie, spesso, si sentono espressioni di rimpianto (“perché non ridiamo più come una volta?”, “nella nostra famiglia non si ride mai”) che appaiono come un segno inequivocabile di relazioni non soddisfacenti, come se l’assenza del ridere, in una realtà familiare o coniugale in cui la sofferenza ha progressivamente sostituito il piacere e la gioia, fosse il sintomo più acutamente condiviso. E pensare che il ridere dà dei benefici sulla psiche oltre che salutari, oggi, la scienza dimostra che il buon umore rinforza il sistema immunitario, non a caso la cultura popolare ha sempre detto che “il riso fa buon sangue”. Ma in che modo e perché si ride nelle famiglie “normali”?


Danilo Solfaroli Camillocci e Monica Vella in Ridere, ridere, ridere ancora…Il riso e l’umorismo nelle relazioni familiari e in psicoterapia della famiglia (Bollati Boringhieri, pagine 238) estendono la loro riflessione agli aspetti filosofici e antropologici del ridere, alle sue funzioni sociali, alla sua capacità di costruirsi come elemento di identificazione culturale, per poi analizzarne le funzioni nella terapia della famiglia.


Secondo Elena Granata Ridere in famiglia (Città Nuova, pagine 64) ridere è “una delle energie più misteriose e importanti della vita. Ridere è esporsi, scoprirsi, lasciarsi spiazzare, aprirsi alla relazione, non voler tenere tutto sotto controllo. È trasformare una giornata storta in una riuscita. È un modo per rimanere piccoli, guardare le cose da un’altra angolatura, uscire da una strettoia e ritrovare la strada maestra”. Se ridere è un’energia per la vita, per superare le piccole e grandi avversità del nostro quotidiano, la sua formula chimica può portare scompiglio in tutti i luoghi formativi, soprattutto quelli ricoperti di una patina più o meno spessa di presunta serietà, come può essere quello lavorativo.


Andrea Notarnicola Satirazienda. Ridere migliora le imprese sul serio (Il Sole 24 Ore Libri, pagine 123) infatti, se l’azienda affronta questioni complesse, non ci resta che ridere? Per ragioni molto serie, le imprese hanno deciso di utilizzare il linguaggio della satira nella formazione e nella comunicazione interna: l’obiettivo è sorridere delle proprie debolezze per consolidarsi nelle proprie capacità. Questo libro, scritto da uno dei pochi esperti dell’argomento, prova a far uscire il lettore dalla sua riserva di malumore ricercando altrove, là dove esiste la voglia di mettersi in gioco, le energie per un cambiamento delle organizzazioni e del lavoro.