10 Ottobre 2022

Protagonisti. E poi beneficiari

Nelle Filippine post-tifone Haiyan, gli interventi con al centro la comunità indigena e i suoi desideri

È semplice dire: «diamo protagonismo alle comunità indigene, mettiamo al centro gli indigeni, difendiamo gli indigeni che sono anche coloro che difendono la biodiversità». Realizzare un intervento, pensare, scrivere e portare a termine un progetto, lavorando a ogni livello con i gruppi indigeni, tuttavia, non è altrettanto semplice. Non è mai facile, certo, nel lavoro sociale tradurre in attività concrete una generica ma sincera aspirazione alla giustizia, all’equità, alla libertà di espressione e alla difesa dei diritti delle minoranze. Se lavorare a un progetto per gli indigeni significa dare qualcosa e fare in modo che quelle comunità ricevano qualcosa come esclusivi destinatari, si possono trovare tanti esempi istituzionali. Avere al centro la comunità indigena che prova a mettere nero su bianco i propri desideri, invece, è una sfida più ampia.

Al centro la comunità indigena, che prova a mettere nero su bianco i propri desideri

Caritas Italiana e moltissime Caritas diocesane in Italia hanno da sempre legami di amicizia e fraternità con le Filippine. Ma c’è stato un evento che ha avvicinato ancora di più le esperienze. È il supertifone Haiyan (conosciuto nelle Filippine con il nome di Yolanda) del novembre 2013 che ha attraversato le Visayas con venti a più di 235 chilometri orari e punte fino a 275 orari: il più forte che sia mai stato registrato. Dietro di sé Haiyan ha lasciato, secondo stime per alcuni troppo ottimistiche, una scia di 6.500 vittime. La ricostruzione e le prime attività di riabilitazione condotte dopo Haiyan hanno privilegiato, comprensibilmente, l’immediata soluzione dell’emergenza umanitaria a livello generale: la sistemazione delle case; il ristoro degli attrezzi e dei beni di lavoro dei contadini, pescatori, commercianti; la ricostruzione di scuole distrutte per dare un futuro ai ragazzi; la creazione di centri di evacuazione per future emergenze, usati quotidianamente per attività sociali e aggregative; il coinvolgimento delle comunità per rinforzare le proprie case, gli edifici comuni, gli argini e per individuare piani di evacuazione e di intervento di emergenza. C’è da riconoscere che pochi sono stati gli interventi dedicati espressamente alle comunità indigene, anche all’interno della rete delle Caritas. C’era altro da fare, altre priorità, purtroppo.

Caritas Italiana e le Caritas diocesane in Italia hanno da sempre legami di fraternità con le Filippine. Il tifone Haiyan (2013) ha avvicinato ancora di più le esperienze. Tanti gli interventi di ricostruzione e riabilitazione; pochi, però, quelli dedicati espressamente alle comunità indigene

Tutte queste attività post-Haiyan condotte nelle Filippine dalla Caritas, ma anche da centinaia di organizzazioni e istituzioni locali e internazionali sia governative che non, hanno migliorato la situazione dei più deboli ed emarginati. Le statistiche sull’aumento del Prodotto Interno Lordo e vari altri parametri, pur tra tante diseguaglianze territoriali interne, lo evidenziano. Ma i popoli indigeni sono rimasti, senza dubbio, i più poveri e svantaggiati e con meno possibilità, anche perché i loro diritti sono spesso negati dai governi, che si nascondono dietro la burocrazia. Pensiamo alla terra, ai “domini ancestrali” ove gli indigeni hanno sempre vissuto senza aver bisogno di carte e confini, vincoli che si sono affacciati in questi luoghi solo con l’arrivo degli europei. Tutti ora riconoscono che queste terre sono delle comunità indigene, ma, ancora, per riscattarle veramente servono documenti da compilare, uffici da visitare, carte bollate e tutto ciò ha dei costi. Alti. Per cui in tutte le Filippine molti indigeni vivono sulla loro terra, che, però, non è più loro.

È il momento di dare una mano a queste popolazioni. Pur tra mille difficoltà burocratiche, ma anche incomprensioni culturali, la rete della Caritas nelle Filippine sta accompagnando molte comunità indigene in percorsi di rinascita e sviluppo. A piccoli passi, con un lavoro sul campo fatto di andate e ritorni, con piccoli interventi, che costituiscono, tuttavia, una modalità di lavoro che può essere modello per altre Caritas.

È il momento di dare una mano a queste popolazioni. La rete della Caritas nelle Filippine sta accompagnando molte comunità indigene in percorsi di rinascita e sviluppo

A Kalibo, sull’isola di Panay, nella zona centrale delle Visayas, una comunità indigena Ati di 25 famiglie ormai stanziali, dopo molti anni e molte vicende è riuscita nell’aprile 2022 a lasciare il luogo ove viveva in capanne fatiscenti nei sobborghi della città e trasferirsi in case nuove costruite con l’aiuto della Caritas di Kalibo e di Caritas Italiana (vedi foto sotto). La comunità gravita su Kalibo vendendo piccoli oggetti di artigianato e medicine tradizionali per tutto l’anno, ma in particolare durante l’annuale Ati-Atihan Festival. Sei anni prima c’era stato il primo incontro con la comunità insieme alla quale si era disegnato il modello della casa a due piani che alla fine è stato realizzato. Quest’intervento aveva tratto spunto da altre esperienze della Caritas delle Filippine nella provincia settentrionale di Mindoro Orientale con sei comunità della tribù Mangayan dopo un tifone che aveva colpito quelle zone nel 2015. In quel caso si era trovato un’interessante soluzione per la gestione condivisa da parte della comunità della proprietà della terra, ove erano state costruite le nuove case e degli edifici comuni.

Le nuove case costruite a Kalibo

La vera sfida per il futuro è quella del cambiamento climatico, che sulle montagne di Libacao, sempre nella provincia di Aklan, il cui capoluogo è Kalibo, colpisce forte e si vede. Il punto importante da considerare è che gli indigeni Bukidnon piantano le loro colture guardando il cielo, le stelle, aspettando le prime piogge: si basano sulla natura, in quanto piantano quando succedono certe cose. Ma oggi queste cose non accadono più. Oggi non vedono più le cose che han visto per secoli, che sono cambiate velocissimamente. Se la stagione della pioggia è in ritardo e la costellazione Moroporo (le nostre Pleiadi) non è più visibile, per quell’anno gli indigeni non piantano nulla. E il raccolto è perso. Il rischio, oltre a perdere il raccolto dei prossimi anni, nel lungo periodo è quello di perdere le colture tradizionali, che significa, anche, minare la biodiversità di cui in tutto il mondo gli indigeni sono detentori. A Libacao hanno molte colture tradizionali che non resistono con troppa acqua o senza acqua, per cui sono coltivate con sempre maggiore difficoltà. Dall’esperienza di questi anni si comprende che i progetti di conservazione dell’ecosistema naturale siano molto importanti e sia determinante cercare di concentrarsi su quelli. Ma non è cosa semplice trovare un buon coordinamento locale su questo tema. E, infatti, a Libacao la Caritas locale sta facendo fatica a portare avanti un’iniziativa su questi temi.

Il rischio nel lungo periodo è quello di perdere le colture tradizionali, che significa, anche, minare la biodiversità di cui in tutto il mondo gli indigeni sono detentori

A nord dell’isola di Palawan, a Coron, nella parte occidentale delle Filippine, sulle isole Calamianes, protagonisti sono gli indigeni Tagbanua. Dipendono dal mare e con la pesca si sfamano, pescando vongole e coltivando alghe marine per rivenderle. La Caritas locale sta offrendo loro sostegno per il riconoscimento dei loro domini ancestrali, da cui traggono cibo. E da cui dipendono la loro storia e cultura. È una lotta difficile, ma che è importante per sostenere i diritti di questo popolo.

Anche a Roxas City, nella provincia di Capiz, nella medesima isola di Panay, la Caritas locale da quattro anni ha costruito un rapporto di conoscenza solido con una comunità indigena Bukidnon del villaggio di Tag-ao, situato nella zona collinare più impervia, a 6 km dal centro più vicino che è Dumarao. È raggiungibile solo a piedi o in motocicletta (vedi video e foto sotto). Dopo i primi contatti per l’intervento di emergenza dopo il tifone Haiyan, la Caritas di Capiz in un dialogo aperto insieme con tutte le 50 famiglie ha messo a fuoco, negli ultimi mesi, l’intervento più necessario: la difesa della foresta da parte degli indigeni, che significa proteggere la biodiversità, in modo che la comunità possa conservare le proprie pratiche colturali. L’elemento unico di questa comunità Bukidnon è risultato essere la produzione di medicine con erbe locali che crescono nelle foreste di Tag-ao.  Ciò significa in prima battuta tornare a piantare alberi per rinfoltire la foresta, per rendere più verde ed equilibrata l’area circostante al villaggio, in modo che le erbe mediche possano prosperare.

Villaggio di Tag-ao: al lavoro nei campi
Una delle vie di accesso a Tag-ao, attraverso la foresta

La preoccupazione della difesa dell’ambiente naturale, inteso come Casa Comune, rimane centrale per le comunità indigene. L’enciclica di Papa Francesco “Laudato sì” si innesta sullo stesso tema, sottolineando la necessità della difesa del Creato, come dono di Dio per gli uomini tutti. E non solo per gli uomini di oggi, ma anche per quelli di domani, cioè i nostri figli e nipoti. Per questo non è più possibile depredare le risorse naturali, ma anzi vanno ristorate e sistemate, in alleanza con tutte le comunità che hanno a cuore il futuro della Terra e di tutti. Il ridare protagonismo alle popolazioni indigene si fonda anche su quest’enciclica, che infonde nuova linfa al lavoro da fare insieme, tra le Caritas di tutto il mondo con le comunità indigene locali, per restituire equilibrio alla natura.

Il ridare protagonismo alle popolazioni indigene si fonda anche sull’enciclica “Laudato si'”, che infonde nuova linfa al lavoro da fare insieme, tra le Caritas di tutto il mondo con le comunità indigene locali, per restituire equilibrio alla natura

Di eguale importanza a Tag-ao è risanare le due fonti naturali presenti sul territorio, in modo da non disperdere l’acqua, questa preziosa risorsa che serve nelle case alle famiglie per bere, preparare da mangiare, lavarsi, ma anche per la coltivazione agricola delle famiglie stesse. Il piccolo acquedotto convoglierà parte dell’acqua in una cisterna e verranno create delle tubature per portare a valle l’acqua seguendo la gravità, in modo che arrivi in tutte le zone ove ci sono gruppi di case sparse sulla collina. Se l’acqua sarà meglio distribuita, l’agricoltura migliorerà. Così si produrranno ortaggi nutrienti che forniranno cibo sano alla famiglia da consumare. Ma gli stessi ortaggi potranno essere venduti sul mercato locale, fornendo aiuto concreto alle famiglie. Il tutto rispettando l’ambiente naturale e l’ecosistema in quanto si tratta di agricoltura organica e biologica con l’utilizzo di fertilizzanti naturali, non chimici, frutto dell’esperienza delle comunità indigene.

Tag-ao: fonte d’acqua

Non c’è nulla di meglio che affidarsi alla conoscenza ancestrale locale, che per millenni ha convissuto con la natura per trovare soluzioni. Ci hanno raccontato che venendo dall’esterno, alcuni visitatori a Tag-ao volevano aiutare a costruire un centro di evacuazione in caso di tifone o alluvioni. Poi i capi del villaggio hanno mostrato come da sempre si comportano i Bukidnon di Tag-ao in quei casi: si rifugiano in una caverna naturale nella parte di foresta più elevata, insieme ai pipistrelli. Lì tutti sono andati nel 2013 con Haiyan; lì tutti si sono rifugiati un paio d’anni fa per un altro tifone più forte del solito. È la testimonianza di come le conoscenze indigene e la cultura locale siano in grado di essere resilienti e trovare le giuste soluzioni nel proprio contesto. Ed è su questa idea che si fonda l’approccio utile per collaborare con le comunità indigene: ascoltare, collaborare, aiutare tecnicamente, creare alleanze per migliorare davvero la vita di chi è più fragile e abbandonato (fine).

La caverna naturale nella parte di foresta più elevata, che diventa rifugio in caso di tifoni, è la testimonianza di come le conoscenze indigene e la cultura locale siano in grado di essere resilienti e trovare le giuste soluzioni nel proprio contesto

Alcuni componenti la comunità di Tag-ao
Aggiornato il 18/10/22 alle ore 16:43