28 Agosto 2023

Guardando nella stessa direzione

Centoquindici giovani di oltre venti nazionalità hanno partecipato al campo “Orizzonti comuni”, promosso dalla Caritas diocesana di Cagliari. Servizio e formazione su pace, custodia del Creato, mondialità, volontariato. E amicizia sociale

Centoquindici giovani di oltre venti nazionalità hanno partecipato all’XI edizione del Campo estivo internazionale della Caritas diocesana di Cagliari dal 18 al 26 agosto scorsi. Titolo: “Orizzonti comuni”. Un’iniziativa che ha unito l’esperienza del servizio accanto a chi è in difficoltà a momenti di formazione su diversi temi, dalla pace alla custodia del Creato, dalla mondialità all’amicizia sociale, dalle dipendenze al volontariato, in collaborazione con altre realtà diocesane.

Tra i momenti più significativi, l’incontro con l’arcivescovo di Cagliari mons. Giuseppe Baturi (foto sotto), lo scorso 23 agosto. «Abbiamo visto ragazzi di diverse nazionalità e confessioni – sottolinea l’arcivescovo –, anche ucraini e russi, che hanno voluto passare questi giorni in un servizio comune a favore dell’uomo: un’esperienza operativa di carità e lavoro, come a dire che il mondo nuovo si costruisce affrontando creativamente e concretamente i bisogni degli uomini, soprattutto dei più poveri.

Sono stati giorni d’incontro, di amicizia, confronto circa il senso della propria vita, del futuro; ne è emersa la responsabilità di gestire la propria giovinezza nell’edificazione di pezzi di mondo rinnovati.

L’immagine che è uscita fuori dalla conversazione mi sembra bella, è l’immagine dei fili: sono stati annodati dei fili di amicizia, conoscenza, affetto, e quando si torna nei propri Paesi questi fili possono unire e creare mondi di comunicazione».

L’incontro con l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi

A ospitare l’iniziativa anche quest’anno la Comunità saveriana di Cagliari. «Il titolo del Campo – spiega padre Marco Milia, superiore della Comunità – ne indica la motivazione di fondo: far vivere ai giovani di diverse nazionalità, culture e religioni un’esperienza di incontro, amicizia e fraternità, per aiutare ad apprezzare le diversità culturali come qualcosa che arricchisce e non divide, perché tutti facciamo parte della stessa famiglia umana, tutti siamo figli di Dio, e in Lui tutti siamo fratelli e sorelle. Questa esperienza vuole aiutare i giovani ad aprirsi agli orizzonti del Regno di Dio, a ricercare la verità su se stessi e su ciò che vale nella vita, a sperimentare la gioia del servire gratuitamente e seminare semi di pace».

Tra gli elementi cardine del Campo, l’esperienza del servizio. «Credo che sia stata una bella opportunità formativa – commenta il direttore della Caritas diocesana don Marco Lai – all’insegna della conoscenza e dell’amicizia.

Un’amicizia sociale che ha visto un incontro tra i giovani, con la città, con i poveri, grazie al servizio.

Ciò ha permesso di valorizzare la dimensione pastorale della carità nella sua funzione pedagogica. Oggi più che mai, in tempi complessi in cui le divaricazioni, l’inimicizia, i conflitti dividono e scatenano egoismi, è importante l’esperienza della condivisione, dello stare l’uno accanto all’altro: ed ecco allora la funzione della Caritas di riportare a una dimensione umana, di relazioni, solidarietà e amicizia. Inoltre, credo che sia stata un’esperienza grazie alla quale i giovani hanno scoperto l’importanza dell’impegno, dell’avere una visione sociale e politica della vita, alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa».

I giovani, provenienti da alcune diocesi italiane (tra cui Milano e Cuneo-Fossano), da alcuni Paesi esteri (tra cui Russia, Bielorussia e Ucraina) e da alcune Caritas estere come quella di Gerusalemme, hanno svolto volontariato in diversi servizi e partecipato a momenti formativi, in collaborazione con la pastorale giovanile diocesana, con le associazioni di volontariato e organismi socio-assistenziali della Consulta diocesana, e con altre realtà diocesane.

Hassan (nome di fantasia), 22 anni, è arrivato dalla Palestina: «Sono stato invitato a partecipare a questo campo dalla Caritas di Gerusalemme in quanto già impegnato come volontario nella Chiesa del mio villaggio. Questa esperienza è stata molto significativa perché mi ha permesso di conoscere le storie difficili di tanti immigrati di nazionalità e religioni diverse: penso che sia importante per loro avere avuto la possibilità di sentirsi sicuri nella realtà che li ha accolti. Porterò nel mio Paese pace e speranza, e la gioia trasmessami dai tanti volontari della Caritas di Cagliari».

Emma, 19 anni, proveniente dalla Diocesi di Cuneo-Fossano, è stata impegnata in uno dei Centri di accoglienza straordinaria della Caritas, accanto ai giovani profughi ucraini arrivati dopo lo scoppio della guerra. «Abbiamo visto tanti sorrisi – racconta –, tanta voglia di mettersi in gioco, di stare insieme. Loro hanno bisogno di qualcuno che li aiuti, che stia con loro. Hanno apprezzato la nostra presenza, lo abbiamo visto dai loro abbracci: una forte volontà di stare insieme e condividere con qualcun altro un po’ di gioia per superare il dolore che hanno vissuto nel loro Paese».

 «Mi ha colpito l’aspetto interculturale di questa iniziativa – racconta Lucrezia, 19 anni –, la possibilità di interfacciarsi con tante culture differenti. Abbiamo ascoltato le storie degli altri ragazzi, superando l’ostacolo della lingua; inoltre, mi hanno colpito gli incontri con altre realtà di volontariato, un tema che mi interessa molto».

Anna, ucraina, è arrivata in Sardegna dopo lo scoppio della guerra, e ha deciso di partecipare al Campo per la seconda volta. «È un’iniziativa che dà la possibilità di aiutare chi ha bisogno: io stessa in passato sono stata aiutata e ora posso ricambiare l’aiuto ricevuto».

«È il terzo anno che partecipo – racconta Miriam –. Mi ha colpito la diversità culturale; in un mondo in cui sembra che tutti litighino e si odino è bello vedere ad esempio ucraini e russi che parlano tra di loro, ragazzi musulmani e cristiani, italiani e rom, che giocano insieme, ragazze musulmane che ci fanno provare il velo; è bello vedere tutti quanti mettere da parte le differenze, o meglio trasformare le differenze in ricchezze».

«Ho già partecipato a diverse edizioni – racconta Buba, della Costa d’Avorio –: è un’iniziativa che dà la possibilità di conoscere culture, religioni, nazionalità diverse. Ogni anno è più bello di quello precedente. È bello poter pregare tutti insieme, al di là della diversità religiosa».

«Da musulmana ero curiosa di conoscere qualcosa in più della religione cattolica – racconta Mounia, origini italo-marocchine –, così ho deciso di iscrivermi a questa iniziativa. Ho imparato tantissimo in questi giorni. Inoltre desideravo fare un’esperienza di volontariato diversa rispetto a quella che svolgo in Piemonte. Il servizio accanto alle persone anziane mi ha arricchito tantissimo, un bello scambio reciproco».

Aggiornato il 31/08/23 alle ore 16:06