15 Dicembre 2023

Rapporto “rondini” 2023

Un approfondimento sul Rapporto Giovani 2023 dell'Istituto Toniolo. Peggioramento della condizione psicologica-emotiva e impoverimento delle competenze sociali dei giovani

Accedete al vostro database volontari. Quanti giovani sono presenti? Li conoscete nome per nome? Cosa fanno? E soprattutto chi sono?

In poche Diocesi e solo alcuni operatori saprebbero rispondere a tali domande (è una provocazione [sic!], sono molto più fiducioso). Meno male che ogni anno c’è uno strumento estremamente utile per provare a recuperare il gap e ragionare su alcuni dati: è il rapporto dell’Istituto Toniolo “La condizione giovanile in Italia 2023”. Puntuale nelle analisi, soprattutto se messo in relazione all’altro grande rapporto da poco presentato, quello del Censis.

Copertina del Rapporto Giovani 2023

Il 2022, si legge, ha visto un peggioramento della condizione psicologica-emotiva e un impoverimento delle competenze sociali dei giovani. Peggioramento che si rileva maggiormente in contesti territoriali deprivati e con meno risorse socioculturali. Giovani sonnambuli.

Le due parti a mio avviso più interessanti sono il capitolo secondo (“Il valore aggiunto delle organizzazioni di economia sociale”) e il quarto (“Partecipazione politica e comportamentale”). Partendo da quest’ultimo si trova conferma di una delle intuizioni di YOUngCaritas e la sua volontà di essere pietra d’inciampo per le istituzioni. «La percentuale di astenuti non è risultata più alta tra le nuove generazioni rispetto a quelle più mature». Il riconoscimento dell’importanza che la politica può avere è chiaro (segue corsivo mio):

«La critica dei giovani, piuttosto, è soprattutto rivolta alle carenze di chi viene eletto e ha posizioni di potere nel fare scelte che davvero servono».

Traduco per i profani: i giovani si fidano ancora, o forse hanno la necessità di fidarsi, delle istituzioni più degli adulti, ma in più ci dicono una cosa, ci aggiungono una clausola: mi fido se ascolto parole e apprezzo scelte di senso; viceversa di cosa me ne faccio? La scarsità di giovani nei nostri ambienti è sintomo di una risposta che ci è già pervenuta ma non vogliamo ascoltare.

Venendo al secondo capitolo, quello che più interessa il rapporto dei giovani con le organizzazioni di volontariato, non viene messo in dubbio il valore sociale del volontariato, ma che questo valore sia subordinato alla possibilità di fare esperienza. In Caritas diremmo: testimonianza.

«Uno dei fattori più importanti nell’incentivare la partecipazione giovanile risiede proprio nella capacità delle organizzazioni di rendere visibile e comunicare la dimensione del valore sociale che sottende la loro missioni e che si esplica nella loro attività».

E aggiungo, dopo aver letto il Rapporto, che la partecipazione è tanto più alta quando i giovani sono parte dell’attività. Questo punto è molto chiaro rispetto a quanto chiedono i giovani sul posto di lavoro: «Se non sentono di crescere in termini sia di sviluppo umano sia di contributo nello sviluppo dell’azienda [leggi anche “organizzazione di volontariato”] con il proprio valore distintivo, perdono motivazione e lasciano».

Il punto è: quanto si è disposti a coinvolgere i giovani nei processi, nelle attività – anche istituzionali – da protagonisti? Cioè, traduco ancora per i profani: quanto si è disposti a coinvolgerli per generare valore e non solo in ottica sostitutiva (di chi va in pensione dall’attività lavorativa o di volontariato che sia…).

Il problema è forse dovuto al fatto che tutti (troppi) partono da ciò che a essi serve che i giovani siano anziché da ciò che i giovani sono e vogliono diventare.

La risposta e scommessa di YOUngCaritas è questa: chiamare per nome ogni giovane, rimetterlo al centro dei processi, rispondere ai suoi reali desideri e lasciarlo volare. «Il tuo nome è una rondine nella mano» (M. Cvetaeva).

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Aggiornato il 15/12/23 alle ore 21:46