E il mare portò i boat people
Foto Ansa
PICCOLA RASSEGNA STAMPA DAL 1979
“Italia Caritas” e “Avvenire”
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1979: CARITAS ITALIANA HA OTTO ANNI
Il suo sguardo sulla realtà è ampio. Non solo su quello che succede in Italia, ma anche oltre i confini. D’altra parte, se c’era un’eredità da salvaguardare e declinare «in forme consone ai tempi», come recita lo Statuto di Caritas Italiana, era proprio la dimensione internazionale che aveva caratterizzato la Pontificia Opera Assistenza, istituita da Papa Pio XII il 15 giugno 1953, con lo scopo di promuovere attività assistenziali e sociali in Italia, in conformità ai principi della carità evangelica e secondo le disposizioni della Santa Sede.
La P.O.A. nasce come evoluzione della Pontificia Commissione di Assistenza ai profughi (P.C.A.); quest’ultima costituita il 18 aprile 1944 da Ferdinando Baldelli, su incarico di Pio XII, con il compito di dare assistenza ai profughi del conflitto in corso e distribuire gli aiuti che arrivavano soprattutto dagli Stati Uniti. Superata l’emergenza della guerra, nel 1953 la P.C.A. muta denominazione in Pontificia Opera di Assistenza, la cui finalità rimane quella di provvedere all’assistenza materiale e morale dei poveri più in generale, aiutandoli pertanto sul piano sociale, assistenziale, ma anche su quello spirituale, nonché federata con Caritas Internationalis.
IL VIETNAM ALLE NOSTRE PORTE
È proprio dentro questa visione ampia del pensare e concretizzare la carità che quel che accade, ad esempio, in Vietnam, viene “visto” come un fenomeno che interpella il Paese e la comunità cristiana. Caritas Italiana cerca di scuotere e “svegliare” entrambi su un’emergenza umanitaria che alla luce del Vangelo non giustifica indifferenza, assenze e omissioni. A tutti i livelli.
Sono gli anni della Guerra Fredda e intorno alla questione si polarizzano anche le posizioni politiche: c’è chi considera i rifugiati alla stregua di traditori e collaborazionisti con il precedente regime, mentre altri vedono nell’emergenza un’occasione per sottolineare gli orrori del socialismo reale. Occorrono prese di posizione chiare e nette ed è quel che accade.
Caritas Italiana invia il 28 aprile 1979 una lettera al presidente del Consiglio Andreotti e ai ministri degli Esteri, dell’Interno, del Lavoro e del Tesoro in cui sollecita le autorità governative a decidersi ad aprire il nostro Paese ai profughi del Vietnam e dichiara, tra l’altro, di essere pronta ad assumersi interamente la spesa per l’alloggio e il mantenimento di 200 profughi provenienti dai campi della Malaysia per tutto il tempo necessario a espletare le pratiche relative allo status di rifugiato politico e a sistemarli definitivamente per l’alloggio e il lavoro.
GLI ANTECEDENTI
Il termine boat people entra nel linguaggio comune nel 1976 dopo l’invasione del Vietnam del Sud da parte del regime comunista del Vietnam del Nord all’epoca della nazionalizzazione delle imprese e della collettivizzazione delle terre. Decine di migliaia di persone perseguitate fuggono dal Paese via mare.
L’Italia si attiva a livello governativo con la missione umanitaria della Marina Militare Italiana tramite l’invio degli incrociatori Vittorio Veneto, Andrea Doria e la nave appoggio Stromboli nel sud-est asiatico a largo delle coste del Vietnam con il compito di portare assistenza ai profughi. Il presidente del Consiglio è Giulio Andreotti, alla guida del suo quinto esecutivo; il ministro della Difesa è Attilio Ruffini, che nella gestione si avvale della collaborazione di Giuseppe Zamberletti, già operativo in altre emergenze nel ruolo di Commissario governativo. La missione, durata dal 4 luglio al 20 agosto 1979, salva circa un migliaio di persone.
Nei giorni precedenti le tv avevano trasmesso le immagini di migliaia di civili vietnamiti in fuga dal regime comunista di Hanoi.
Durante le operazioni di salvataggio sono tratte in salvo 907 persone, la gran parte affette da diverse patologie, in preda a crisi di denutrizione e disidratazione. In Italia al termine della missione vengono fatte sbarcare a Venezia il 21 agosto 891 persone. Altre si fermeranno per curarsi a Singapore e poi raggiungeranno l’Italia in un secondo momento.
I profughi sono presi in carico per le cure necessarie e dislocati la metà a Chioggia e il resto in altre zone del Friuli. Una piccolissima parte di migliaia di profughi in parte “riconosciuti” e quindi ammassati nei campi profughi e altre decine di migliaia “non riconosciuti” che scappando hanno raggiunto da soli una qualche parte del mondo in cui rifugiarsi e poi la cifra di più di centomila dispersi. Insomma, una tragedia immane, mai vista fino a quel momento.
UNA STORIA
Partiti da Phan Rang, nel Vietnam del Sud, il 10 agosto del 1978, facevano parte di un gruppo di 33 persone. Saliti a 34 per la nascita di un bambino durante il viaggio, nella sosta che il gruppo fece ad Istanbul. Arrivarono a Roma il 20 novembre. Si erano messi in mare su una piccola barca e dopo molti giorni di navigazione vennero colti da un tifone che provocò una falla nell’imbarcazione. Si ritrovarono in balia delle onde. Furono salvati da una petroliera che cercò di farli sbarcare in Malaysia dove si trovava Palau Bidong, il più grande campo profughi dell’Asia sud-orientale. Le autorità della Malaysia rifiutarono lo sbarco e il viaggio continuò fino in Jugoslavia e poi in Turchia, luoghi di consegna del greggio.
Dalla Turchia 15 membri poterono partire per il Canada; gli altri diretti negli Stati Uniti dovettero transitare per Roma, dove l’ambasciata Usa organizzò il loro trasferimento negli Stati Uniti, dopo il breve periodo di soggiorno in Italia. Un gruppo composto da studenti, contadini operai; tra loro una famiglia con sette bambini (la più piccola nata durante il viaggio). Una di essi, sette anni, divenuta sorda e incapace di parlare per lo spavento subito durante il bombardamento della casa, alla fine della guerra.
L’AZIONE DI CARITAS ITALIANA
Caritas Italiana si muove in due direzioni: da un lato la sensibilizzazione dell’opinione pubblica per il rispetto dei diritti umani e civili e la pressione sulle autorità politiche affinché nei Paesi democratici si mettano in campo tutte le azioni possibili per ospitare i rifugiati; dall’altro l’accoglienza e il sostegno concreto nell’ordinario della vita quotidiana.
Il Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana affronta la questione e incarica Caritas Italiana di coordinare le iniziative spontanee di famiglie, comunità parrocchiali e diocesane.
Ecco le parole nette e dure con le quali mons. Giovanni Nervo descrive la situazione in un suo articolo per “Italia Caritas” di aprile del 1979: «I profughi attendono nei campi profughi per 6-7 mesi prima che uno stato li accolga. Finora la Germania ha accolto 600 profughi, la Francia 6.000 (ne aveva già 40.000), Singapore 1.000, l’Australia s’impegna di accoglierne 500 al mese e gli Stati Uniti 25.000 l’anno. Il Canada un contingente non definito, la Svizzera e l’Olanda un numero insignificante, l’Inghilterra ha accolto un quantitativo di bambini orfani. L’indirizzo degli Stati Uniti sarebbe di sistemare i profughi in alcune isole disabitate dell’Indonesia. L’Italia finora ha mantenuto un atteggiamento refrattario e un silenzio assoluto».
Continua, mons. Nervo: «In Malaysia la Caritas locale può intervenire solo in forma marginale e informale perché tutta l’assistenza ai profughi è affidata esclusivamente alla Mezzaluna Rossa e i campi, in genere, sono inaccessibili. Di fatto però la Caritas riesce a operare diversi interventi con le autorità preposte. La Caritas Italiana ha inviato alla Caritas Malese la somma di 10.000 dollari e si è messa a disposizione per altri aiuti, se necessari. Sarebbe invece urgente sollecitare efficacemente il Governo italiano perché dichiari la sua disponibilità ad accogliere un numero, sia pure limitato e chiuso, di profughi».
Il senso e il compito statutario di Caritas Italiana espresso con parole chiare che richiamano ciascuna delle parti in causa (Istituzioni, enti, associazioni, cittadini) a svolgere il proprio ruolo nel rispetto dei diritti umani, di ciascun essere umano e nel rendere concreto per la comunità cristiana la doppia fedeltà al Vangelo e alla Costituzione.
Il migrare di intere popolazioni per i più disparati motivi. Passano gli anni, si succedono le stagioni politiche e quel che è accaduto poco meno di 50 anni fa sembra avere insegnato poco a un Paese che non coltiva la memoria e affronta fenomeni di portata epocale come se fosse sempre la prima volta e in un’ottica prevalentemente emergenziale.
Archivio rubrica “Memorie per il futuro”
Aggiornato il 29/11/24 alle ore 15:30