Un lavoro e un alloggio. Grazie a “Scarp”
«Mi chiamo Tommaso, sono nato a Formia cinquant’anni fa e per lavoro vendo “Scarp de’ tenis”, il giornale di strada, a Milano e in Lombardia. Grazie a questo mestiere, mi sostengo e pago l’affitto di una casa popolare per la quale ho lottato a lungo. Tuttavia, nel corso della mia vita non ho sempre avuto la sicurezza di un letto caldo, né di un lavoro stabile.
Tempo fa, infatti, mi occupavo di altro. Con mio fratello ero uno dei tanti italiani che quotidianamente andavano a lavorare in Svizzera come frontalieri. In particolare, lavoravo nel reparto spedizioni di una grande ditta gastronomica. Il lavoro mi piaceva, era ben pagato e stimolante, ma purtroppo l’azienda iniziò ad avere dei problemi economici. Così mi sono ritrovato disoccupato, senza un soldo, e quindi senza la possibilità di pagare un affitto.
Perso il lavoro, mi ritrovai in strada. Era il 2008. Senza sapere dove andare, ho trovato ospitalità presso la Casa di accoglienza “Enzo Jannacci”, anche conosciuta come dormitorio di via Ortles, a Milano. Qua ho vissuto per circa due anni assieme a mio fratello, che come me aveva perso il lavoro, guadagnandomi da vivere grazie a progetti di borse lavoro sostenute dall’ente pubblico. Sempre in quegli anni cominciai a lavorare come venditore del giornale “Scarp de’ tenis”, un progetto avviato da Caritas Ambrosiana, ritrovando una certa stabilità economica. Tuttavia, la possibilità di avere una casa propria rimaneva remota.
Dopo due anni di dormitorio, io e mio fratello ci trasferimmo da nostra madre, in una palazzina Aler a Varese. In questo periodo ho continuato a lavorare a “Scarp” e a iscrivermi ai bandi per le case popolari, nella speranza che prima o poi si liberasse un posto. L’attesa è durata quasi tredici anni, finché nel 2021 è avvenuta la svolta tanto sperata. È stata una notizia fantastica: dopo tanti anni avrei avuto finalmente un alloggio tutto per me. La casa liberatasi era un appartamento in zona Quarto Oggiaro a Milano, gestito dalla Fondazione San Carlo. Ho abitato questo appartamento di venti metri quadri per soli quaranta giorni. Dopo un mese infatti, tramite la Caritas, mi sono spostato in un’altra residenza popolare in Barona, dove tutt’ora abito.
Nonostante tutte queste peripezie, posso dire di essere stato fortunato.
L’iter di assegnazione per una casa popolare può essere molto lungo e senza risultati, a causa della lentezza della burocrazia e della mancanza di alloggi disponibili. Quello che mi auguro è di continuare a svolgere il mio lavoro al meglio, nella speranza che sempre meno persone debbano provare sulla propria pelle quello che ho passato io».
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Aggiornato il 09/10/23 alle ore 12:12